Gli oltre 140mila immigrati in età lavorativa presenti in Sicilia, pari al 4,3% della popolazione attiva dell’Isola – la più bassa percentuale d’Italia, anche se il loro numero è cresciuto fra gennaio e marzo scorsi del 2,5% rispetto allo stesso periodo di un anno prima – incontrano un mercato del lavoro sicuramente più favorevole a confronto con gli italiani. Infatti, hanno un tasso di occupazione del 50,3% (in aumento rispetto al 48% del primo trimestre 2015), contro il 39,9% degli isolani, indice che pure è in lieve rialzo rispetto al 38,7% del primo trimestre dell’anno scorso.

Così come il tasso di disoccupazione degli stranieri, 20,8%, risulta più basso di quello dei siciliani (22,2%) analogamente a quello di inattività: 36,5% contro 48,7%. E’ però assai probabile che la parte di popolazione straniera ufficialmente non occupata o inattiva in realtà lavori in nero, altrimenti si trasferirebbe altrove.
E’ una delle anomalie del mercato del lavoro in Sicilia nel primo trimestre 2016 rilevate dall’Osservatorio statistico nazionale dei Consulenti del lavoro, presentato oggi a Palermo in vista del congresso regionale del 14 e 15 ottobre a Taormina con i vertici nazionali di categoria.

Nel periodo preso in considerazione, la popolazione siciliana in età lavorativa è diminuita da 3 milioni e 334 mila a 3 milioni e 317 mila unità (-17mila, -0,5%); gli occupati sono aumentati di 34mila soggetti (da 1 milione e 289 mila a 1 milione e 323 mila, +2,6%), fenomeno frutto del calo dei disoccupati di 14mila unità (da 391mila a 378mila, -3,5%) e dei 36mila inattivi che sono entrati a far parte delle forze lavoro e hanno subito trovato un posto, facendo scendere il complesso degli inattivi da 1 milione e 654 mila a 1 milione e 617 mila componenti (-2,2%). Ma fra questi vi sono 332mila donne e 259mila uomini che vorrebbero lavorare se si presentasse un’occasione, che sono “scoraggiati” e non si rivolgono ai centri per l’impiego non ritenendoli efficaci e che probabilmente per vivere si adattano a svolgere lavori non regolari..

I consulenti del lavoro si propongono come punto di riferimento per dare una risposta a quanti cercano un lavoro. Infatti, fra gli oltre 300mila “neet” (pari al 37% della popolazione giovanile, anche questa è la percentuale massima in Italia), l’85% cerca un lavoro sperando soprattutto in Garanzia Giovani e il 15% ha scelto di proseguire gli studi o fare la casalinga. Ma la sfiducia nei centri per l’impiego si riflette sul modo con cui si trova lavoro nell’Isola. Il 40% delle qualifiche alte si ottiene tramite concorso, mentre sono le raccomandazioni di parenti, amici e conoscenti ad aprire le porte delle qualifiche medie (28,6%) e basse (38,8%). I centri pubblici per l’impiego incidono rispettivamente per l’1,9%, il 4,9% e il 4,8%.

“Se in Sicilia chi cerca un lavoro preferisce non rivolgersi ai centri per l’impiego – dice Leonardo Giacalone, presidente regionale dei Consulenti del lavoro – in assenza di un congruo numero di agenzie private di lavoro diventa fondamentale – e andrebbe sostenuto dalle istituzioni – il ruolo che, tramite la Fondazione del lavoro, i consulenti del lavoro esercitano quali mediatori del lavoro. Lo dimostra il fatto che i nostri 280 delegati dal 2014 ad oggi hanno attivato 3.336 tirocini, dentro e fuori Garanzia Giovani, quasi tutti trasformati in assunzioni perché solo noi possiamo meglio favorire l’incontro fra i requisiti richiesti dalle aziende e quelli posseduti dai candidati”.

Fra le anomalie rilevate dall’Osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro c’è anche l’aumento esponenziale, da metà 2015 (+5,8%) a fine 2015 (+16,5%) e anche nel primo trimestre 2016 (+1,5%) degli assunti a part time, dei quali l’aumento di quelli involontari varia dal 35,1% del secondo trimestre 2015 al 10,2% del primo trimestre 2016, soprattutto fra gli uomini: dato che segnala possibili fenomeni di lavoro grigio.

Dunque, l’Osservatorio presenta il mercato del lavoro in Sicilia come il peggiore d’Italia: il tasso d’occupazione del 39,9% è inferiore di 2 punti rispetto alla media del Mezzogiorno (42,3%), di 25 punti rispetto al tasso medio del Nord (65%) e di 21 punti rispetto al Centro; il tasso di disoccupazione del 22,2% è di gran lunga superiore alla media nazionale (12,3%) e quello dei giovani (59,7%), il più elevato dopo la Sardegna, è maggiore di 6 punti alla media del Sud, di 30 punti del Nord e di 40 punti rispetto al Veneto che conta il 19,4%, il più basso indice d’Italia. E’ il più alto d’Italia anche l’indice di disoccupazione di lunga durata (65,4%), che evidenzia un funzionamento distorto dei meccanismi d’incontro fra domanda e offerta di lavoro.

Nel primo trimestre 2016 sono stati stipulati da parte di aziende private 91mila nuovi contratti di lavoro a favore di 54mila soggetti, per lo più (47%) a tempo determinato, per il 35% a tempo indeterminato ma in minima percentuale usufruendo dell’esonero contributivo. Ma l’occupazione in Sicilia nel primo trimestre 2016 ha offerto per lo più qualifiche assai basse. Per le donne, commesse (13%), venditrici a domicilio (11%), badanti (6%), impiegate (4,6%), pulizie (4,8%), bariste (2,6%), call center (1,9%) e inservienti di cucina (1,9%), mentre solo l’1,6% per professioni sanitarie e riabilitative e l’1,3% come professoresse di scuola media secondaria superiore. Quanto agli uomini, nessuna professione altamente qualificata: manovale (7,7%), muratore (5,7%), conduttore di mezzi pesanti (4,5%), commessi (3,9%), facchini (3%), cuochi (3%), venditori a domicilio (2,9%), autisti (2,7%), impiegati (2,5%), camerieri (2,4%).

Infine, si aggravano le crisi aziendali. Secondo i dati aggiornati ad agosto 2016, per la prima volta dopo 4 anni la cassa integrazione torna ad aumentare in Sicilia (+8,9% del numero di ore autorizzate), di cui il 65% per Cig straordinaria, che segnala l’aggravarsi delle crisi strutturali che diventano sempre più irreversibili.