All’Assemblea regionale siciliana va avanti l’esame della riforma elettorale per i comuni siciliani. Non c’è stata, quindi, nessuna inversione dell’ordine del giorno come auspicavano le forze d’opposizione di centrodestra che avevano chiesto di ripartire dalla minifinanziaria.

E’ stata trovata un’intesa sulla norma che abbassa l’eventuale mozione di sfiducia ai sindaci al 60 per cento più uno dei pareri degli consiglieri comunali, rispetto agli attuali due terzi. Inizialmente era stato proposto il 50 per cento e non sono mancate le frizioni anche fra le varie anime del Pd. Tuttavia in aula è emersa la volontà dei dem di arrivare fino al 60 per cento e la norma è passata. Va spiegato che l’artico fa riferimento ai comuni con più di 15mila abitanti, negli altri resta in vigore la normativa attuale.

Si tratta di uno dei punti più delicati della riforma dopo quello – votato nel venerdì scorso – che fissa al 40 per cento l’elezione diretta di un candidato sindaco che potrà anche beneficiare dell’effetto trascinamento delle liste.

Intanto i sindaci già in carica mugugnano. Nei giorni scorsi il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, aveva tuonato: “E’ una legge contro di me e contro i 5 Stelle”. Dubbi anche da altri primo cittadini. 

La norma che prevede la decadenza automatica dei sindaci in caso di mancata approvazione del Bilancio da parte del Consiglio comunale è stata cassata, grazie ad un emendamento di Forza Italia: “Gli emendamenti di Forza Italia, approvati dall’Aula di Palazzo dei Normanni – ha commentato il capogruppo Marco Falcone – hanno corretto significative forzature al testo della legge elettorale per i comuni siciliani, neutralizzando norme canaglia che avrebbero reso ancora più complessa l’attività dei sindaci”.

L’Aula dopo avere approvato otto articoli è stata aggiornata a domani quando, con ogni probabilità arriverà il voto finale.