“Non mi muovo da qui, faccio saltare tutto”, annunciava da mesi, esternando tutta la sua disperazione. Una promessa mantenuta che poteva trasformarsi in tragedia. Ieri notte la moglie di Totò Schillaci, il calciatore idolo di Italia ’90, ha aperto il gas nella sua villa e ha minacciato di far esplodere la palazzina.
La donna, sotto sfratto per debiti, non vuole lasciare la casa il cui sfratto è divenuto esecutivo.

Alle 4 del mattino, nell’abitazione sono arrivate le forze dell’ordine e Rita Bonaccorso è stata ricoverata.
Eppure la donna, deve abbandonare la casa a motivo di un procedimento giudiziario che si trascina da un ventennio. La data fissata per lo ‘sfratto’ era ieri, 28 aprile. L’ex signora Schillaci ha minacciato più volte il suicidio, definendosi vittima della giustizia.

Ad accogliere i suoi sfoghi in tv è stata molto spesso Barbara D’Urso. Proprio domenica ai microfoni di Canale 5, Rita Bonaccorso, che ha portato una ruspa nel giardino della sua casa, ha sostenuto che preferisce buttare giù l’abitazione piuttosto che lasciarla ai creditori. “Io questa casa non la lascio – ha detto la signora Bonaccorso -. Non la lascerò mai. Dov’è la giustizia per me? Qui dentro non entra nessuno, farò di tutto per difendere il mio diritto e la casa è un diritto. Qui non c’è debito. La mia casa non l’avranno mai. Né io, né loro”.

La villa in questione è valutata intorno ai 2,5 milioni di euro. Moltissimi i messaggi di solidarietà ricevuti sul suo profilo facebook da Rita.

La storia giudiziaria di Rita Bonaccorso iniizia nel 1992 quando una conoscente palermitana che ha una gioielleria a Torino, Giovanna Giordano, le chiede, a suo dire, il favore di andare ogni tanto nel suo negozio per farle pubblicità. A tutti la presenta come la moglie di Schillaci, anche se è già separata. Dopo due anni la gioielleria fallisce e nel 1996 nel procedimento viene coinvolta anche lei. Risulta debitrice, perché socia apparente, di una ditta svizzera fornitrice di anelli, bracciali, diamanti e rubini per 390 milioni di lire. Gioielli mai pagati dalla gioielliera e finiti al centro di una rapina, secondo i giudici “simulata” dalla stessa proprietaria. Nel frattempo l’ex moglie del calciatore torna a Palermo e comincia l’odissea, con le sentenze di condanna dei tribunali e un esercito di avvocati che l’abbandonano ripetutamente mandandole fatture per centinaia di migliaia di euro. La donna viene condannata a risarcire il fornitore di gioielli Stefan Hafner nel 2006, sentenza confermata in appello nel 2008. A ottobre 2015 arriva la condanna definitiva. Dal 2006 la sua casa è all’asta, nessuno finora l’ha mai comprata ma adesso lo sfratto è imminente.

Tutte le speranze della signora Bonaccorso sono riposte in una perizia calligrafica su una firma . Quella di Hafner, creditore della gioielleria fallita morto nel 2009, e apposta sul documento con cui il credito veniva ceduto al figlio Vittorio.

Ma con la sentenza della Corte di Cassazione, registrata in cancelleria nell’ottobre del 2015,  i giudici ritengono Rita Bonaccorso personalmente responsabile dei debiti della gioielleria derubata, della quale è ritenuta socia accomandataria. Quindi confermano quanto stabilito nelle sentenze degli altri due gradi di giudizio, respingendo il ricorso della Bonaccorso e confermando la condanna al pagamento di 394 milioni di lire.

 

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