Licenziati 109 lavoratori. La Fillea Cgil respinge i licenziamenti decisi ieri dalla direzione provinciale per il lavoro di Palermo a conclusione della procedura di mobilità per i 109 lavoratori delle aziende confiscate del gruppo Aiello di Bagheria Ati Group, Emar e Ediltecna.
E annuncia che li impugnerà e che patrocinerà tutte le azioni legali necessarie. La Fillea di Palermo e la segreteria regionale della Fillea Cgil porteranno la questione al ministero dell’Interno, cui l’Agenzia nazionale dei beni confiscati alla mafia risponde, e agli altri livelli politici e istituzionali, nazionali e regionali.
Resta ancora aperta la partita della destinazione dei beni aziendali e delle commesse e della sorte della cooperativa, che avrebbe dovuto garantire la continuità produttiva per i lavoratori edili. Ed é su questo terreno, sul quale c’erano stati impegni precisi con l’Agenzia e con l’amministratore, che la Fillea intende dare battaglia: sulle commesse e sulla destinazione dei beni dell’azienda l’Agenzia dei beni confiscati , che deve ancora riunire il suo consiglio per deliberare, secondo il giudizio della Fillea é stata “inadempiente”.
Ieri all’incontro oltre ai sindacati erano presenti l’amministrazione giudiziario dell’azienda Andrea Dara e Giuseppe Fortezza, dirigente dell’ANBSC, che sino all’ultimo hanno confermato la volontà di licenziare tutti i 109 lavoratori delle aziende edili del gruppo Aiello confiscate alla mafia. “Questi licenziamenti costituiscono un precedente inaccettabile, potrebbe aprirsi una voragine, se consideriamo che metà delle aziende sottratte alle mafia in Italia risiedono in Sicilia. Oltre al dramma per le famiglie, il risultato oggi é un danno sociale ed economico per i territori e una caduta della credibilità dello dello Stato democratico – dichiarano i segretari provinciale e regionale della Fillea Cgil Francesco Piastra e Franco Tarantino – La Fillea Cgil non accetta che i sacrifici di magistrati, forze dell’ordine ed eroici servitori dello Stato siano trasformati in licenziamenti. Si opporrà in tutti modi consentiti, valutando le azioni giuridiche e di denuncia politica e, sin da ora, chiede a chi debba apporre la firma sulle lettere di licenziamento di riflettere e di non farlo. E’ il momento delle scelte responsabili e della consapevolezza e non quello del passivo adeguarsi ad abitudinarie pratiche burocratiche, peraltro in questo caso inapplicabili”.
Secondo la Fillea Cgil non sussistono i presupposti per questi licenziamenti. “Sono state negate al sindacato le informazioni sui bilanci degli ultimi tre anni che, incredibilmente, non sono mai stati pubblicati – denunciano Piastra e Tarantino – Così come non abbiamo avuto informazioni sullo stato delle commesse e dei contratti in essere e sulle relazioni periodiche (obbligatorie, in forza del Codice delle leggi antimafia) sulla gestione delle aziende confiscate”.
E adesso, a conclusione di una tra le più lunghe storie di gestione di un’azienda in amministrazione giudiziaria, per il sindacato é inaccettabile che l’Agenzia nazionale dei beni confiscati alla mafia non mantenga gli impegni sottoscritti sulla continuità produttiva e occupazionale delle aziende. “L’ANBSC deve garantire tale continuità come da previsioni di legge – aggiungono Piastra e Tarantino – Non può chiedere e sollecitare sindacato e lavoratori a formare la cooperativa prevista dalla legge e poi, con una clamorosa marcia indietro, rimangiarsi tutto e affermare che la legge non si applica. Vi sono commesse utili e importanti che non si sa che fine faranno e che dovrebbero invece costituire la base per l’applicazione concreta delle previsioni di legge. Impugneremo i licenziamenti per chiedere che l’Agenzia tramite la cooperativa e la gestione delle commesse garantisca la continuità produttiva. È un preciso impegno che è venuto meno. Per noi la vicenda non è conclusa. Non ci adegueremo e non vi saranno passi indietro nella lotta per la legalità e lo sviluppo”.
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