È giunta a Palermo e vi rimarrà fino al 16 dicembre 2023, ospitata al Palazzo di Giustizia, “Sub tutela dei” la mostra sul beato Rosario Livatino, il magistrato agrigentino ucciso dalla mafia locale il 21 settembre del 1990. L’aula Magna della Corte di Appello ha fatto da cornice agli illustri relatori e alle tante autorità presenti nelle prime file. Dietro loro un folto stuolo di studenti del liceo Francesco Scaduto di Bagheria, accompagnato dagli insegnati.

Dopo i saluti introduttivi di Dario Greco, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo, di Gian Luca Giovannucci, Consigliere di Amministrazione del C.I.M.E.A. (Centro di Informazione sulla Mobilità e Le Equivalenze Accademiche) e di Giuseppe Lupo, Presidente del Centro Culturale “Il Sentiero”, la figura e l’opera del giudice agrigentino sono state illustrate da quattro autorevoli personalità.

L’incontro

Ha moderato l’incontro Giovanni Gruttad’Auria, della Libera Associazione forense, che ha dato per primo la parola a Salvatore Taormina, che nella qualità di curatore della mostra ha risposto alla domanda più semplice: da cosa è nata questa mostra? “È nata – ha detto – non da una volontà celebrativa, ma dall’incontro che uno dei curatori, per altro non palermitano, ha avuto alcuni anni fa con la personalità e la figura del giudice Rosario Livatino”. Da quell’incontro sono nate varie iniziative culminate con la possibilità di fare una mostra sulla storia della sua vita e del suo tragico epilogo al Meeting di Rimini dell’agosto del 2022.

“Già nei giorni di esposizione a Rimini – ha proseguito – è stata visitata da oltre 10.000 persone; a queste si devono aggiungere le migliaia che l’hanno vista nelle più importanti città italiane: Roma, Milano, Torino, Bologna, Brescia, Verona, Trento, Napoli, Cagliari. Palermo è la sessantaquattresima. Essa è stata ospitata prevalentemente nei Palazzi di Giustizia o nelle Università, ed ha registrato la presenza di un pubblico variegato, in cui ha prevalso la componente giovanile e studentesca”.

In ogni città alcune decine di persone, a Palermo saranno più di 40, sono state formate per fare da guida ai visitatori e la passione mostrate da loro è stato il primo tramite per far appassionare i presenti alla figura di Livatino. A Palermo attraverso i pannelli e i video, lungo un percorso di oltre 30 metri pensato e costruito dall’architetto Calogero Zuppardo, per due settimane sarà possibile incontrare la persona del giudice e la sua santità, che si è espressa in tutta la sua vita. La mostra è articolata in quattro sezioni con testi, video, immagini fotografiche, dedicate alla formazione personale di Livatino ed al contesto sociale ed umano in cui è cresciuto e vissuto, alla sua figura di magistrato, all’omicidio – martirio e al processo di beatificazione e per ultimo alla eredità lasciataci da Rosario Livatino

Le parole di Frasca

Il Presidente Matteo Frasca ha delineato la persona di Livatino definendola “scrupolosa e attenta”, trasparente nei rapporti e in tutti gli atti del suo lavoro. “A lui dobbiamo – ha affermato – un debito di riconoscenza che va onorata con la nostra testimonianza personale e intransigente”. Frasca ha inserito il sacrificio di Livatino in quello di tanti altri autorevoli testimoni di giustizia uccisi dalla mafia. “La testimonianza di Livatino – ha concluso – è un monito per tutti noi per proseguire il suo impegno”.

Lia Sava, Procuratore Generale – Corte di Appello di Palermo ha proseguito la illustrazione della figura del giudice agrigentino evidenziandone in particolarità la esperienza professionale e la testimonianza cristiana. Ne ha per prima cosa messo in evidenza la sua scrupolosità e la cura di ogni dettaglio che esprimeva in tutto il suo lavoro, espressione della attenzione a tutte le persone con cui aveva rapporti. Si è poi soffermata sulla sua testimonianza di cristiano espressa in ogni ambito e in ogni momento della sua vita.

“Chi è effettivamente cristiano – ha concluso – deve esserlo, nella società e con il ruolo che ricopre, perché con la sua testimonianza potrà contribuire ad uccidere il narcisismo che ci circonda e a costruire un Paese migliore”
L’interessante mattinata è stata conclusa dall’appassionato intervento di Mons. Corrado Lorefice, che ha unificato nella stessa testimonianza due martiri nostrani, don Pino Puglisi e Rosario Livativo e Dietrich Bonhoeffer, il teologo luterano tedesco, protagonista della resistenza al Nazismo, ucciso nel campo di concentramento di Flossenbürg, 9 aprile 1945, tutti accomunati da una testimonianza cristiana nel quotidiano che rifugge da ogni protagonismo. Lorefice ha concluso con la lettura di un toccante testo attribuibile probabilmente a don Puglisi in cui manifestava il timore che i suoi più stretti collaboratori potessero subire violenza, mentre affermava con grande serenità la possibilità che venisse chiesta a lui la prova del martirio.
La mostra sarà visitabile fino al 16 novembre previa prenotazione all’indirizzo mail mostralivatinopalermo@gmail.com (escluse domeniche e festivi).