- Il rischio lockdown spaventa la Sicilia forse più dell’Italia
- Caccia alle varianti per evitare rischi gravi
- Ma i dati scientifici non aiutano a dare certezze
La paura varianti fa novanta, anzi anche 100. Mentre i virologi si inseguono nelle richieste di un lockdown generale che fa paura e che l’Italia non potrebbe reggere in nessun caso visti i danni già agghiaccianti subito fino ad oggi dai provvedimenti presi in emergenza, il governo non sembra battere un colpo ne in un senso ne nell’altro complice il cambio in corso alla guida del paese.
Risultati contrastanti dalla scienza
E la scienza non aiuta affatto ad avere certezze. Se da un lato ci sono studi che attribuirebbero alla variante inglese un rischio mortalità aumentato del 70% dall’altro ci sono studi che dimostrerebbero l’inutilità del lockdown nella gestione della pandemia, utile solo a rinviare ed allungarne gli effetti.
Rafforzare la sorveglianza
A causa della diffusione delle nuove varianti Covid “Istituto superiore di sanità e ministero della Salute stanno rafforzando la sorveglianza sia microbiologica che epidemiologica” fa sapere il direttore della prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, in un intervento video in cui fa il punto sulle varianti Sars-CoV-2 in Italia. Rezza ha poi riferito che Iss e ministero “producono anche studi di prevalenza ripetuti che dicono qual è la distribuzione delle varianti sul territorio nazionale”.
La caccia alle varianti anche in Sicilia
E in Sicilia, come nel resto del Paese inizia la caccia alle varianti per isolare i contagiati prima che si diffondano anche perchè, al momento, sembra che i test mantengano la loro efficacia diagnostica. “Queste mutazioni della proteina N sono per ora un fenomeno piuttosto raro per cui i test antigenici mantengono la loro grande utilità. In casi specifici è giusto il ricorso per la conferma ai test molecolari” dice il direttore prevenzione ministero della Salute, Gianni Rezza, sulle varianti Sars-CoV-2 in Italia. “Tre le varianti virali più note: quella inglese, molto trasmissibile, è la più diffusa sul territorio nazionale ma per fortuna non diminuisce l’efficacia dei vaccini. Per quanto riguarda la variante brasiliana e quella sudafricana – dice Rezza – hanno una distribuzione attualmente molto limitata nel territorio nazionale”.
I test funzionano ma…
Nulla di nuovo sotto il sole, dunque, per quanto riguarda la fase diagnostica visto che era già noto che i test antigenici debbono comunque essere confermati da un molecolare in caso di positività. Ma per affrontare anche i nuovi rischi servono dati attendibili, vanno utilizzati tutti i vaccini anti Covid19 disponibili così come i farmaci che si sono dimostrati efficaci contro la malattia causata dal virus SarsCoV2, continuare a utilizzare con rigore i dispositivi di sicurezza: sono le indicazioni degli esperti.
I vaccini arma sempre efficace
“Bisogna anticipare il più possibile il diffondersi e l’emergenza di nuove varianti”, rileva il presidente della task force vaccini dell’Agenzia Europea dei Medicinali (Ema), Marco Cavaleri- “Per fare ciò – aggiunge – tutti i vaccini ad oggi disponibili vanno usati per contenere il diffondersi del virus e per proteggere i più vulnerabili dalla malattia grave”. Dello stesso avviso il genetista Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma Tor Vergata: “i vaccini addestrano le nostre cellule a difenderci in molti modi. Anche se il virus muta per eludere alcuni di questi, le nostre cellule – osserva il genetista – comunque sono meglio equipaggiate che senza un vaccino”. Tuttavia, aggiunge, “per combattere il virus i vaccini non bastano, spingere nella ricerca e sperimentazione agevolata di farmaci nuovi e riposizionati è la strada”. Centemeri è per “l’acquisto diretto immediato di dosi aggiuntive di uno dei vaccini disponibili nel rispetto degli accordi con la Commissione Europea e le procedure regolatorie di approvazione” e per la “predisposizione, tramite rimodulazione immediata di quelli vigenti, dei protocolli terapeutici al fine di garantire sull’intero territorio nazionale tutti i presidi ad oggi disponibili, compresi gli anticorpi monoclonali (mAb) specifici contro SarsCoV2, ma anche gli antinfiammatori non steroidei, inclusi quelli di recente introduzione, per bloccare la cascata citochimica”.Ugualmente importante, per il farmacologo, è “l’obbligo a indossare sempre in tutti i luoghi chiusi la mascherina FFP2” e raccomandare i filtri endonasali.
Servono più dati
E’ inoltre cruciale raccogliere tutti i dati utili per seguire l’andamento dell’epidemia e delle varianti del virus. Per Stefano Vella, dell’Università Cattolica di Roma, per esempio, “deve essere attivato su base regionale un sistema informatico per tracciare i pazienti fragili, che sfuggono al criterio anagrafico sul quale è ora basata la campagna vaccinale” e per il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca, “è necessario fare una fotografia realistica del quadro epidemiologico, che possiamo avere soltanto utilizzando tamponi molecolari e test antigenici di terza generazione. Non si può continuare a mettere nel computo giornaliero i tamponi molecolari e test antigienici di primo livello”. L’ex direttore esecutivo dell’Ema Guido Rasi ritiene necessari “mappatura delle reali fonti di contagio con misure strutturali e specifiche di isolamento, ripresa del controllo tramite il tracciamento” insieme alla definizione di “linee guida nazionali per il trattamento (best practices) con aggiornamenti mensili”.
Le monoclonali funzionano anche con le varianti
Le varianti hanno messo in crisi molti degli anticorpi monoclonali sviluppati fino ad ora. I nostri per fortuna appartengono a anticorpi monoclonali di seconda generazione che riescono a neutralizzare anche le tre principali varianti, inglese, sudafricana e brasiliana”. Lo ha detto Rino Rappuoli, coordinatore della ricerca sugli anticorpi monoclonali di Toscana Life Sciences, intervenendo oggi durante Agorà, su Rai 3, sottolineando che “stanno per entrare in fase clinica di sviluppo, la prossima settimana o la successiva e aspettiamo siano pronti prima dell’estate”.
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