Al XII Convegno Nazionale AIDU (Associazione italiana di diritto urbanistico) tenutosi venerdì e sabato a Palermo si è discusso della nuova urbanistica regionale. Tra i temi affrontati anche quello dell’archeologia nella legislazione. Abbiamo chiesto un commento alla storica dell’arte Silvia Mazza, esperta in normativa dei parchi archeologici e che il 31 maggio scorso ha curato un altro convegno, a Palazzolo Acreide, su un settore specifico dell’urbanistica, quello che si occupa dei centri storici, organizzato insieme agli Ordini degli Architetti siciliani, nella cornice della Rete delle Fondazioni Italiane per l’Architettura.


Cosa pensa del nuovo disegno di legge di riforma urbanistica della Regione Siciliana? Qual è il rapporto tra l’urbanistica e l’archeologia?
In passato il nostro Paese si è ritagliato un ruolo da protagonista. Tra gli anni Sessanta e Settanta gli urbanisti italiani hanno dato un contributo fondamentale alla cultura urbana europea riconoscendo il valore dei centri storici, prima come bene culturale, poi come bene economico. Senza voler entrare nel merito “tecnico” dei contenuti del ddl, non essendo io un architetto o un urbanista, vorrei , però, dire, che non è solo una questione meramente urbanistica. Nel convegno di Palazzolo A. ci siamo concentrati sulle “strategie di riabitazione”, sorrette da esperienze concrete, per rivivere luoghi altrimenti in abbandono, resta valido, però, che anche il più ampio dibattito urbanistico non dovrebbe fermarsi alle sole metodiche di intervento, agli strumenti di pianificazione, dovendo chiamare a giocare un ruolo chiave le amministrazioni, gli abitanti, l’architettura contemporanea e il restauro architettonico. In un territorio, poi, ad altissima densità archeologica, come quello siciliano, e in cui proprio di recente sono stati istituiti gli ultimi otto parchi archeologici, con cui si arriva a quota 14 in tutto, il punto di contatto con l’urbanistica si ha in una particolare categoria di parchi archeologici, quelli urbani, come quello di Catania e specialmente quello di Siracusa, con caratteri peculiari che ne fanno un pezzo di città con la quale si crea discontinuità nella convivenza. E attriti. Non solo in Sicilia. Un caso confrontabile è, per esempio, quello del parco archeologico urbano dell’Appia Antica, portato in quella che sarebbe stata l’ultima occasione di confronto pubblico in tema con lo sfortunato Assessore Sebastiano Tusa: la conferenza che avevo curato il 12 novembre scorso presso il Museo Orsi di Siracusa. In Sicilia i fronti di tensione tra i due ambiti sono acuiti da una normativa difettosa e proprio dalla recente decretazione disastrosa.

Di archeologia nella legislazione ha parlato proprio il vicepresidente e Assessore all’Economia Gaetano Armao.
Ho più volte  sollevato la questione dei limiti della normativa regionale in materia e della macchina amministrativa chiamata ad applicarla, smascherando trucchetti burocratici per aggirarla e interpretarla “creativamente”. Ho interpellato direttamente anche l’Assessore Armao per il caso specifico di Pantelleria che segue particolarmente, con cui si è arrivati al caso limite dell’istituzione di un parco senza prima indicarne zone e confini. Dopo il mio articolo uscito sul quotidiano “La Sicilia” (dove la storica dell’arte ha da poco lanciato una rubrica culturale, ndr), è seguito solo un post su facebook, in cui l’Assessore ricorda lo studio di fattibilità del Parco che Tusa aveva consegnato nel 2001 alle “Linee Guida dei Parchi archeologici siciliani”. Ora, premettendo che questo studio si riferiva comunque solo a quello di Pantelleria e non all’incongruo accorpamento con Selinunte dell’11 aprile scorso, mi chiedo come mai la proposta di perimetrazione del compianto archeologo che risale a ben diciotto anni fa non sia stata sottoposta (o meglio, risottoposta, dato che nel 2013 era stata bocciata) alla competente Soprintendenza, che è quella di Trapani. Perché, stando alla legge regionale che disciplina la materia, è questo l’istituto chiamato a formulare una proposta di perimetrazione, cioè di costruzione del parco. Invece, come si evince dallo stesso decreto firmato nell’aprile scorso dal Presidente Assessore BBCC Musumeci, questo ineludibile pronunciamento della Soprintendenza manca: sarebbe dovuto avvenire tramite un apposito precedente decreto di perimetrazione. Non so se anche di questo ha parlato l’Assessore Armao, oltre ad affermare che l’esperienza siciliana dei parchi sarebbe “divenuta di riferimento nazionale”. Non una riga è stata scritta da autorevoli osservatori che possa confortare questa tesi, mentre oltre alle mie di inchieste su “Il Giornale dell’Architettura”, rilanciate da Emergenza Cultura di Tomaso Montanari, “L’Espresso” ha stigmatizzato l’operato del Governo come “pasticcio archeologico”. Ci auguriamo solo che si ponga rimedio almeno a questa di lacuna che inficia la legittimità della recente istituzione di Pantelleria. Un problema, peraltro, non solo di questo parco.

Cosa intende? Può aggiornarci su quello che sta avvenendo dopo le istituzioni di aprile?
Com’era prevedibile, e come avevo previsto, , non si sono fatti attendere i ricorsi per l’annullamento di quello di Siracusa, su cui s’incentrano forti interessi dei privati. Mentre il 10 ottobre il Consiglio Comunale discuterà un atto di indirizzo della Commissione Urbanistica che chiede una revisione della perimetrazione del Parco Archeologico e della relativa normativa.

E dato che la normativa non è su misura di quello siracusano, la revisione non dovrebbe riguardarli tutti questi parchi?
Sì, lo ripetiamo, dovrebbe interessare quello che non a caso il legislatore del 2000 ha chiamato “Sistema dei parchi archeologici siciliani”. Non esiste un primus inter pares, malgrado l’indubbia rilevanza del parco di Siracusa. La questione resta di portata regionale, così come questo Convegno palermitano sulla riforma normativa dell’urbanistica regionale avrebbe dovuto vedere al tavolo non solo l’Università di Palermo e l’Ordine degli Architetti di Palermo, ma anche l’Università di Catania, con la sua Facoltà di architettura di Siracusa, e tutti gli Ordini degli Architetti siciliani. “Ci sono professori di tutta Italia”, ha risposto Armao al mio commento a quest’altro di post su facebook. Sì, appunto, c’è il resto d’Italia a parlare di urbanistica regionale, a mancare sono proprio i relatori del resto della Sicilia.

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