I finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo hanno eseguito due ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Michele Micalizzi e Mario Mancuso, accusati, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e bancarotta fraudolenta.

Il gip ha disposto il sequestro di un milione e mezzo di euro. Il primo è il boss già detenuto della famiglia mafiosa di Tommaso Natale. Il secondo è il patron della Magi srl, dichiarata fallita nel 2021.

L’inchiesta sulla bancarotta di Brioscià

L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo riguarda la bancarotta fraudolenta della società che gestiva le gelateria a marchio Brioscià. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo di una cifra che si aggira sul milione mezzo di euro.

Il coinvolgimento di Michele Micalizzi

Secondo la ricostruzione degli investigatori, il crac della società sarebbe stato pilotato e dietro l’affare del gelato ci sarebbe Michele Micalizzi, 75 anni, genero dello storico capomafia Rosario Riccobono. Micalizzi era tornato in libertà nel 2015 dopo 20 anni di carcere. Nel 2023 il nuovo arresto.

Era l’autista di Totò Riina, scatta la confisca di beni per 1 milione

L’ufficio misure di prevenzione patrimoniali della divisione anticrimine della Questura di Palermo ha dato eseguito un provvedimento di confisca da un milione di euro, emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo nei confronti di Giuseppe Sansone di 74 anni, l’autista di Totò Riina.

Sono passati allo Stato un’azienda edile, di proprietà del figlio, a Palermo in zona Uditore, con diversi rapporti finanziari e 6 autovetture, applicando anche la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, per anni quattro e mesi sei.

Sansone, in atto detenuto, in qualità di esponente di spicco della famiglia mafiosa di “Uditore”, storicamente inserito nel mandamento mafioso di “Passo di Rigano – Boccadifalco”, emerge sin dagli anni novanta, allorquando lo stesso è stato destinatario della sentenza irrevocabile di condanna per il reato di associazione di stampo mafioso.