“Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino. Non ti permettere. Io mai gliel’ho mandato mio figlio a queste cose… vergogna”, gridò Maurizio Di Fede , uno dei mafiosi fermati nell’operazione Tentacoli della Squadra Mobile di Palermo, ad una amica che aveva mandato la figlia a una manifestazione in ricordo della strage di Capaci. La storia, che risale al maggio di tre anni fa, emerge dagli atti dell’indagine.

“Noi non ci immischiamo con i carabinieri, con Falcone e Borsellino”

“La bambina da un mese si prepara. Ma in fondo, è solo una cosa scolastica”, replicó la donna. Di Fede non voleva sentire ragioni: “Noi qua non ci immischiamo con i carabinieri. Noi non ci immischiamo con Falcone e Borsellino… queste vergogne sono”. La madre della piccola insisteva, la bambina teneva particolarmente ad andare con i compagnetti al giardino della Magione, alla Kalsa, per l’iniziativa organizzata dalla Fondazione Falcone.

Il boss controlla che i figli degli amici non vadano alle commemorazioni

Di Fede sbottò: “Alla Magione, là sono nati a cresciuti, i cornuti là sono nati”, disse alludendo a Falcone e Borsellino. Di Fede controllò che la bimba realmente non andasse alla manifestazione. Tornò più volte a casa dei suoi amici, per accertarsene perché era diventata ormai una questione d’onore. Un giorno si portò dietro il giornale, che annunciava la manifestazione: “Anniversario della strage di Capaci, oltre settantamila studenti pronti a invadere Palermo”, lesse a voce alta. Apriti cielo. “Là dove deve andare la bambina, la sbirra”, disse. La madre prese le difese della piccola. “Se gli mandi la bambina sei una sbirra”, continuò. “Falcone, minchia che cosa inutile”, concluse.

Cosa Nostra adesso contempla anche le ‘espulsioni’

Dalle indagini di polizia e carabinieri che hanno portato al fermo di 16 persone accusate di associazione mafiosa ed estorsione è stato ricostruito uno scontro tutto interno alla “famiglia” mafiosa di Corso dei Mille. Secondo quanto emerso, Giuseppe Giuliano, 58 anni, detto Folonari, tra i fermati nell’operazione Stirpe, avrebbe dovuto essere cacciato da Cosa nostra per non aver rispettato le “regole” imposte dal clan. Lo scontro è stato risolto dal boss Giuseppe Greco, capomafia di Ciaculli, con numerosi incontri con Giuliano e altri membri delle famiglie mafiose della zona. Tutti elementi che hanno consentito agli inquirenti di affermare il ruolo di capo di Greco nella gestione delle dinamiche del mandamento.

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