“Consentire a un mafioso ergastolano che non abbia mai intrapreso la strada della collaborazione con la giustizia di godere di permessi premio sarebbe un clamoroso arretramento nella lotta a Cosa nostra”.

Lo dice Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso a Capaci e presidente della Fondazione che del giudice porta il nome, intervenendo sulla questione dell’ergastolo ostativo per i mafiosi sulla quale la Corte Costituzionale si pronuncerà dopo Pasqua.

“Nella nostra legislazione ci sono punti fermi come l’ergastolo ostativo e il carcere duro che sono frutto del lavoro e dell’esperienza dei tanti servitori dello Stato che al contrasto ai clan hanno dedicato la vita. – spiega – Indebolire una normativa costata sangue e sacrifici, che ha portato lo Stato a mettere a segno risultati importanti, sarebbe imperdonabile”.

“Sono certa che la Corte Costituzionale, con la sensibilità che da sempre contraddistingue il suo operato – prosegue – nel decidere non dimenticherà le peculiarità delle mafie italiane che ai tempi indussero il legislatore ad adottare leggi come quella ora in discussione”.

“Legare, come vorrebbero alcuni, la concessione dei benefici carcerari a un generico ravvedimento, indipendente dalla collaborazione con la giustizia del detenuto, è un concetto molto rischioso – conclude Maria Falcone – Come è pericoloso concedere premialità che possono vanificare gli effetti del carcere duro. Solo un mese fa da un’inchiesta della Dda di Palermo ha dimostrato come un capomafia condannato all’ergastolo per l’omicidio del giudice Livatino, al quale erano stati concessi permessi premio, abbia immediatamente colto l’occasione per riprendere le redini della cosca”.