La strategia dell’ostruzionismo ormai è un fatto acclarato. Con un blitz improvviso che contava sui franchi tiratori le opposizioni all’Ars sono riuscite a mandare gambe all’aria la riforma dei Consorzi di bonifica.

I 5 stelle e il voto segreto

Il gruppo dei 5 stelle ha chiesto ed ottenuto che su un emendamento abrogativo dell’articolo tre della riforma si votasse col voto segreto. A favore del provvedimento che cancellava l’articolo si sono espressi certamente sia i pentastellati che il Pd ma conteggiando i voti, nel segreto dell’urna, hanno detto si anche una decina di deputati di maggioranza.

I pentastellati cantano vittoria

“La bocciatura di oggi della legge sui consorzi di bonifica è l’ennesimo fallimento del governo Schifani e della sua inesistente maggioranza, liquefattasi ancora una volta col voto segreto chiesto dalle opposizioni. Sarebbe stato vergognoso avallare una legge regionale che di fatto avrebbe frodato i creditori, i quali si sarebbero trovati a reclamare compensi per beni e servizi forniti per anni a soggetti completamente svuotati di ogni risorsa” dice il capogruppo del M5S all’Ars, Antonio De Luca.

“E ora – continua De Luca – non si cerchi di imputare alle opposizioni il fallimento di una legge partorita nel peggiore dei modi dopo decenni di attesa. Non si può ricattare il Parlamento sulla pelle dei lavoratori. E soprattutto, non si cerchi di far scontare a questi le enormi colpe dell’esecutivo, negandogli quella stabilizzazione che questa legge non avrebbe certamente permesso, ma che può invece essere sempre realizzata con le risorse della prossima variazione di bilancio. Per l’occasione presenteremo un emendamento che stanzi i fondi a questo scopo”.

Cosa succede di conseguenza

Con la cancellazione dell’articolo tre dalla legge di riforma, si paralizza l’intero percorso. Per dirla in parole povere l’articolo in questione disponeva la soppressione degli 11 vecchi consorzi di bonifica, veri e proprio carrozzoni. Sono la disposizione successiva dava vita ai 4 nuovi consorzi che doveva acquisire strumenti e personale. Ma senza la cancellazione delle vecchie strutture andare avanti significherebbe creare un duplicato e far diventare i Consorzi 15 anziché tagliarli oltre a creare sovrapposizioni di competenze ingestibili

Le due strade percorribili

Adesso la maggioranza ha due possibilità: rinunciare alla riforma e ritirarla magari con l’intenzione di riproporla in seguito (difficile che entro la fine della legislatura si possa tornare sul tema, una simile scelta probabilmente cancellerebbe i Consorzi dall’agenda fino a 2028), oppure provare a reintrodurre le disposizioni cassate con un nuovo emendamento. Magari un maxi emendamento che sostituisca l’intero impianto centrale.

Il tema politico

Ma il vero tema è di natura politica. I deputati, appena avuta l’occasione nel segreto dell’urna, hanno dimostrato che la coesione manca. Il clima che si respira attualmente, alla luce della vicenda dell’inchiesta su Galvagno e Amata, è veramente pessimo. Se il rapporto fra maggioranza e opposizione non regge sulla riforma dei Consorzi di bonifica rispetto alla quale anche sindacati come la Cgil e organizzazioni di agricoltori avevano chiesto di non far pesare il clima su questa riforma necessaria e urgente, come potrà reggere al momento della discussione della finanziaria bis.

C’è, poi, il tema tutto interno alla maggioranza. I franchi tiratori sono la testimonianza che il clima non è buono neanche all’interno della coalizione.

E se non si approva la manovra bis tutto l’impianto delle norme economiche rischia di slittare.