“La vita di un malato raro è assai difficile, figuriamoci quanto possa esserlo per un bambino affetto da una patologia. Ancora oggi, purtroppo, è difficile avere una diagnosi e curare i pazienti in età pediatrica in Sicilia. Nella nostra Isola, tuttavia, non mancano medici bravissimi e coraggiosi e buone strutture sanitarie. Basterebbe un po’ di attenzione in più, anche da parte delle istituzioni, aprendo qualche ambulatorio in più. Trovo assurdo che in Sicilia non esista un reparto di neurochirurgia pediatrica. Voglio raccontare la mia storia per lanciare un messaggio di speranza, e perché in fondo mi ritengo fortunata. Nonostante tutto, sono riuscita anche a diventare mamma di una splendida bambina che adesso ha 5 anni”. Al telefono la voce di Maria è chiara e squillante.
Ci contatta dopo il nostro servizio di sabato scorso relativo al sit in che si è tenuto a Palermo, promosso da una rete di associazioni, tra le quali il Cosmann (Comitato regionale Malattie rare neurologiche e neurochirurgiche) per chiedere cure adeguate in Sicilia per i bambini con patologie rare. Maria ha deciso di condividere la sua esperienza che è emblematica di tante altre, e rappresenta una sprone a non arrendersi mai.

Una donna coraggiosa

Maria, palermitana, ha 42 anni e da tempo vive al nord Italia per motivi di lavoro. Da due anni cammina con l’aiuto di una stampella, e deve sottoporsi ad esami e visite mediche. “Vorrei aiutare bambini e famiglie – ci dice – affinché non si sentano soli. Faccio parte di alcune associazioni che si occupano di malattie rare e sono venuta a conoscenza di tante storie difficili e di dolore. Proprio nella associazioni ho trovato conforto e sostegno, perché la mia battaglia per migliorare le mie condizioni di salute, in un primo momento, ho dovuto farla da sola. I miei genitori non sono più in vita e di fronte a una malattia rara nessuno sa cosa fare, si resta spiazzati”.
Maria è una donna coraggiosa. Malgrado i numerosi problemi di salute, è riuscita a studiare e a costruirsi una carriera professionale e a mettere al mondo la sua bimba. Ma la storia di Maria è lunga e complicata.

Il primo intervento chirurgico all’età di 2 anni

Maria nasce con una rara malformazione intestinale. Il suo è uno dei primi casi riscontrati in Italia. All’età di 2 anni viene operata all’ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani dal chirurgo Manlio Lo Cascio, che esegue l’intervento applicando una innovativa tecnica americana. “Questa operazione – racconta – mi regala una vita quasi normale dopo un lungo calvario vissuto dai miei genitori. Cresco tra alti e bassi, in alcuni periodi sto bene mentre in altri male. Erano gli anni Ottanta, e le malattie rare in Italia erano ancora poco conosciute.
Io e la mia famiglia eravamo consapevoli di trovarci di fronte a una patologia cronica, ma abbastanza misteriosa.
Non sapevamo bene cosa fare. Io affrontavo la vita giorno per giorno, facevo sport e mi alimentavo correttamente per evitare ricadute. Le malattie rare purtroppo, a volte sono invisibili. All’apparenza ero una bambina e poi una adolescente come tutte le altre”.

La diagnosi nel 2020 e gli altri interventi

Maria cresce, si sposa e partorisce la sua bambina che gode di ottima salute. Tuttavia, si presentano di nuovo i sintomi della sua patologia: terribili dolori, simili a scosse elettriche, alle gambe, alla schiena e al pavimento pelvico, oltre a problemi intestinali. Pensa che siano dovuti al suo parto naturale. Si sottopone ad un intervento ginecologico ma il malessere persiste.
Cerca di scoprire di più circa la sua malattia, inizia a cercare informazioni su internet e strutture ospedaliere che possano aiutarla. Capisce che potrebbe essere affetta da una sindrome ereditaria. All’ospedale Gaslini di Genova, nel 2020, si sottopone a due test genetici e la sua malattia ha finalmente un nome: si tratta della Sindrome di Currarino, meglio nota come Triade di Currarino. “E’ una malattia rarissima – ci spiega la donna -, in Italia si contano 40 casi. I medici mi hanno detto che sono l’unica persona al mondo che presenta questa diagnosi ‘a mosaico’: in poche parole, e per far comprendere meglio, diciamo che ho ‘preso’ la malattia solo al 50 per cento”. Maria inizia il suo viaggio attraverso diversi ospedali del nord Italia per cercare di star bene: a Faenza si sottopone ad un intervento neurochirurgico per la sindrome del “midollo ancorato” che può provocare diversi sintomi. I disturbi si localizzano perlopiù agli arti inferiori con dolori, rigidità, formicolio, alterazione della sensibilità. I dolori possono essere presenti anche a livello lombare.
“Dopo l’intervento – racconta Maria – ho iniziato a star meglio. Adesso soffro di un dolore costante al piede ma per me è una grandissima vittoria rispetto a tutti i sintomi che avevo. Ho dovuto imparare, in fretta, molte cose sul mondo delle malattie rare. Tanto che nel frattempo ho preso un attestato da segretaria di studio medico.
Adesso la mia vita scorre tra ospedali e medici, vengo seguita, data la complessità del mio caso, da tre strutture sanitarie in Veneto, Emilia Romagna e Liguria”.

La difficoltà di accesso alle cure

Maria, aiutata dalle associazioni Aimar e Aismac, che vuole ringraziare, e che si occupano di malattie rare, ha incontrato tante famiglie e bambini affetti da patologie. “Nel tentativo di curarsi – dice – devono affrontare innumerevoli peripezie. Io ho avuto la mia diagnosi solo grazie a Telethon e a chi ha studiato il gene della mia malattia.
La ricerca scientifica, fortunatamente, è in grado di dare un nome alle malattie, il problema è trovare i centri di cura.
Se fossi rimasta in Sicilia, assai probabilmente, anche io sarei stata costretta ai tanto noti viaggi della speranza fuori regione, che moltissimi bambini, ma anche adulti, sono costretti a fare. Quando ero piccola io non esistevano tutti gli esami strumentali di oggi, la medicina ha fatto passi da gigante, anche in pediatria.
Tuttavia sono a conoscenza della storia di una bambina siciliana affetta dalla mia stessa malattia e da una grave disabilità che per le cure ha dovuto recarsi al Gaslini di Genova.
Ripeto, anche in Sicilia ci sono medici che definirei fantastici, ma le famiglie spesso non sanno a chi rivolgersi.
Vorrei dire loro che non sono sole. Adesso, per fortuna, si parla tantissimo di malattie rare.
Oltretutto non si è più senza strumenti, come accadeva anni fa. Però, certo, servono maggiori centri di cura”.

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