Ieri è stata una giornata importante. L’accordo per il cessate il fuoco a Gaza rappresenta una giornata di enorme gioia per chi ha ritrovato un po’ di serenità tra le macerie, per chi potrà riabbracciare una persona cara, nonostante il lutto.

Dalla prima bomba caduta sui territori palestinesi occupati abbiamo sempre pensato che il cessate il fuoco fosse l’urgenza principale. La resistenza palestinese, portavoce del suo popolo, oggi ha raggiunto il primo accordo verso la pace.


Noi qui però non possiamo accontentarci né festeggiare. Da due anni sentiamo addirittura negare il genocidio: come possiamo pensare che questa che ci descrivono Trump e i governi occidentali sia una vera pace?

La guerra di occupazione sionista può ritenersi conclusa, se non c’è certezza che sia finito il massacro di civili e che non comincerà un nuovo esodo di massa, non appena i riflettori sulla Palestina saranno spenti?
Perché non è ancora terminata la tragedia di un popolo, insieme alla sorte di un’intera regione: Libano, Cisgiordania, Yemen, Iran, Quatar, Siria, costantemente sotto minaccia della guerra imperialista che l’occidente attua per mano dell’entità sionista.

E in questo l’Italia sin dall’inizio è complice dello stato genocida di Israele, a cui fornisce legittimità politica e insieme armamenti, tecnologie militari, mezzi per l’addestramento. È di soli due giorni fa l’intervista a Roberto Cingolani, in cui l’amministratore delegato Leonardo SpA ammette la connivenza tra il colosso delle armi Italiano e lo stato di Israele.
E allora smascheriamo le complicità, torniamo a manifestare.

Dalle flotille alle piazze, blocchiamo tutto! Rompiamo gli accordi, rifiutiamo l’utilizzo dei nostri territori come ingranaggi della macchina del genocidio che continua a macinare profitto sulla morte e sulla distruzione dei popoli. Contro le fabbriche di morte, la resistenza è vita.