Tre anni di studio, di sacrifici economici e lavorativi per ottenere un titolo che, a causa di un decreto legge, rischia di diventare carta straccia: questa è la storia di 1200 massofisioterapisti presenti in tutta Italia che sono al momento esclusi dalle graduatorie speciali istituite nel 2018 dal Ministero della Salute. Ragione per cui i diplomati coinvolti hanno deciso di convocare una manifestazione a Roma fissata per il 23 gennaio.
L’epopea di 1200 massofisioterapisti
Fra i coinvolti anche alcuni terapisti palermitani. Come Christian Pandolfo, che spiega ai nostri microfoni il disagio vissuto in questi anni. “Nel 2018 il Ministro Giulia Grillo, attraverso il decreto n.145/18, decise di porre fine alla diatriba fra fisioterapisti e massofisioterapisti. con un provvedimento scritto velocemente e con valore retroattivo, già questo elemento incostituzionale di per sè – dichiara il terapista -, decide che i massofisioterapisti che avessero ottenuto 36 mesi di esperienza lavorativa potevano iscriversi agli elenchi speciali ad esaurimento. Questo ha fatto si che molti colleghi, circa 1200, rimanessero fuori da questi elenchi. In virtù di tale situazione, chi è riuscito a rientrare negli elenchi potrà continuare la professione, senza essere tacciato di abusivismo. Chi non ci è riuscito invece, è rimasto senza lavoro. Se noi dovessimo essere beccati a fare il nostro lavoro, saremmo denunciati per esercizio abusivo della professione”.
“Una legge retroattiva mi ha tolto il lavoro”
Un paradosso normativo per il quale i tecnici si sono dati appuntamento a Roma. “Chiediamo al ministero della Salute o chi in sua veste, di poter iniziare o continuare a svolgere il nostro lavoro senza preclusioni discriminatorie incostituzionali che non trovano nessun fondamento logico – sottolinea Pandolfo -. Il requisito dei 36 mesi è incostituzionale e discriminatorio. Ciò che ci abilita alla professione non è il tempo lavorato, bensì il titolo acquisito. La professione l’abbiamo nel sangue. Noi abbiamo un diritto che abbiamo pagato ed acquisito attraverso una formazione. Vogliamo essere tutelati. Non avrei mai potuto immaginare che una legge retroattiva potesse togliermi il lavoro. Solo in Italia succedono queste cose“.
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