Avrebbe negato la prescrizione di un farmaco che il paziente chiedeva con insistenza ma questa diniego all’uomo non sarebbe andato giù.

Sarebbe questo il motivo alla base dell’ennesima aggressione in ospedale ai danni di un medico. Si tratta del responsabile di endocrinologia oncologica dell’ospedale Vincenzo Cervello di Palermo.

Alfredo Caputo, questo il nome del medico, è stato aggredito con un tira pugni che il paziente portava in tasca.

La ricostruzione degli eventi

secondo il racconto fatto agli inquirenti il medico, durante una visita ambulatoriale, avrebbe negato la prescrizione di un farmaco al paziente. L’uomo, dopo aver insistito, ha estratto da una tasca il tirapugni che portava con se e ha letteralmente “sfregiato” il medico colpendolo all’orecchio e al volto. Nelle concitate fasi dell’aggressione l’aggressore gli avrebbe anche rotto un braccio. Poi sarebbe fuggito via facendo perdere le proprie tracce.

Medico in sala operatoria

Soccorso, il medico è stato medicato e poi portato in sala operatoria per porre rimedio ai danni causati dalla violentissima aggressione. Sono in corso le ricerche dell’aggressore da parte della polizia. Risalire a lui non non dovrebbe essere difficile trattandosi di un paziente che aveva prenotato la visita.

Personale medico sconvolto

“Non abbiamo alcuna dichiarazione da fare dopo un’aggressione del genere. Non ci sono più parole dopo quanto successo oggi all’ospedale Cervello” dicono i colleghi del medico aggredito con violenza e finito in sala operatoria mentre svolgeva la sua attività lavorativa. Appaiono tutti  sconvolti per la violenza assurda dell’episodio.

“La situazione è gravissima. Non solo le continue aggressioni al pronto soccorso. Adesso dobbiamo avere paura anche negli ambulatori. E’ gravissimo quanto successo astavolta. La politica deve comprendere che così non si può andare avanti – aggiungono – Siamo davvero stanchi di vivere sotto pressione sempre. Non è più tollerabile andare avanti. Dovremmo dimetterci in massa. Forse solo così iniziano a comprendere che la nostra condizione è davvero grave e siamo in piena emergenza”.

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