Hanno risposto al gip, durante l’interrogatorio di garanzia al carcere Pagliarelli di Palermo, Alfonso Tumbarello, medico di Campobello di Mazara che aveva in cura il boss Matteo Messina Denaro, e Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra che ha prestato l’identità al padrino.

I due sono stati arrestati due giorni fa con le rispettive accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e falso e favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati dall’ aver favorito Cosa nostra.

Prescritte 137 ricette ed analisi al boss

Tumbarello, che in due anni ha seguito il capomafia nel percorso di cure del cancro di cui soffriva, prescrivendogli 137 tra ricette e analisi intestate al suo assistito Andrea Bonafede, ha sostenuto di “non aver mai sospettato che il vero paziente fosse un altro e cioè Messina Denaro”.

Il medico ha raccontato di aver appreso che “a Bonafede era stato diagnosticato il tumore e di essersi limitato, senza visitarlo, a prescrivergli terapie e accertamenti che poi gli avrebbe fatto avere tramite il cugino. Ha anche affermato che il suo assistito aveva espresso il desiderio che non si sapesse della malattia, circostanza che ai suoi occhi spiegava certi suoi comportamenti, tra i quali il fatto che non andasse personalmente allo studio”.

Tumbarello ha però ammesso di “aver fatto da tramite tra l’ex sindaco di Castelvetrano Vaccarino e il fratello di Messina Denaro, Salvatore”.

Bonafede “Ho assecondato mio cugino, diceva di essere gravemente malato”

Andrea Bonafede, invece, ha sostenuto di “aver solo assecondato le richieste del cugino che diceva di essere gravemente ammalato e di aver fatto la spola tra lui e il medico per avere e consegnare i documenti sanitari necessari per le terapie”.

Chi ha coordinato l’indagine

L’indagine che ha portato all’arresto dei due è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Piero Padova e Gianluca De Lei.

Caccia alla rete di complici

Intanto parla l’oncologo trapanese Filippo Zerilli, il medico indagato nell’inchiesta sulla rete dei favoreggiatori
di Messina Denaro. Secondo la procura di Palermo, avrebbe eseguito l’esame del dna necessario alle cure chemioterapiche a cui il padrino di Castelvetrano doveva sottoporsi. Il paziente si era presentato al medico con i documenti di Andrea Bonafede, il geometra che gli avrebbe prestato l’identità e che, come Zerilli, è finito ora sotto inchiesta. Ora il medico dichiara la propria estraneità. Nella lista dei possibili fiancheggiatori è finito anche un altro dottore: proprio Alfonso Tumbarello, medico di base di Campobello di Mazara che aveva in cura sia il boss, alias Andrea Bonafede, sia il vero Bonafede.

Messina Denaro, alias Andrea Bonafede, visitato nel dicembre 2020

Lo studio del medico sarebbe stato perquisito dai carabinieri che devono accertare se Zerilli fosse a conoscenza delle generalità del paziente. “Ho già fornito in dettaglio tutti i dati con date e documenti al mio ordine professionale”, dice il medico dopo la notizia delle indagini a suo carico. “Ho sempre esercitato la mia professione con scienza e coscienza e questo non fa eccezione in relazione al paziente Andrea Bonafede (alias Matteo Messina Denaro), per il quale in data 3 dicembre 2020 ho fissato una visita oncologica su richiesta della chirurgia di Mazara del Vallo, supportata da un referto istologico del laboratorio di anatomia patologica dell’ospedale di Castelvetrano del 24 novembre 2020. La visita è stata segnata nell’agenda del mio reparto per il 9 dicembre 2020”.

“Non è mai stato ricoverato in reparto”

Il medico vuole anche smentire il fatto che Andrea Bonafede sia stato ricoverato per un mese presso il suo reparto. “Questo è impossibile poiché presso il mio reparto vengono effettuati solo ricoveri in Day Hospital o Day Service, e non certo ricoveri ordinari”. ”
Non ho mai incontrato Andrea Bonafede prima del suo ingresso in ospedale, e non ho avuto alcun contatto personale con lui per fissare la visita oncologica. Non ricordo neppure un eventuale contatto personale con il paziente il 9 dicembre 2020, e non è possibile pretendere che ne abbia memoria considerando che all’epoca, e anche oggi, tutte le visite avvenivano indossando la mascherina”.

“Esame Dna per pazienti trattati con farmaci chemioterapici”

“L’esame del Dna nei pazienti trattati con farmaci chemioterapici – evidenzia inoltre Zerilli – ha lo scopo d’identificare eventuali polimorfismi che possono aumentare la tossicità del farmaco, e non certo l’identità dei pazienti. Infine, vorrei sottolineare che dall’inizio di questa vicenda, il 16 gennaio scorso, non mi sono mai assentato dal lavoro, come dimostrano le mie presenze in ospedale”.