“Tengo in chiaro che io non so niente di Firenze, io non so niente anche perché non c’è mai stata in una mia condanna nessun riscontro oggettivo. Quello di Firenze, qualora fosse vero, non è che si volevano uccidere persone, anche perché ci sono collaboratori che dicono che la finalità non era uccidere delle persone. Solo che il problema è stato secondo me che sono andati con la ruspa cioè hanno ucciso la mosca con le cannonate. Perché si sa che se si mettono bombe, possono cadere degli innocenti”. Così Matteo Messina Denaro, nel corso di un interrogatorio reso al gip nei mesi scorsi, ora depositato senza omissis, dava la propria versione della strage dei Georgofili, precisando, come suo costume, di essere comunque estraneo ai fatti.

“La finalità era prendersela con i beni dello Stato”

Nell’attentato, compiuto tra il 26 e il 27 maggio del 1993, morirono cinque persone, tra cui anche due sorelline. Sempre continuando a negare di aver avuto un ruolo nelle bombe di Firenze, il capomafia, morto il mese scorso, aggiungeva: “la finalità era prendersela con lo Stato, con i beni dello Stato”.

“Il problema è che hanno usato gente che non vale niente”

“Non è stato secondo me un errore – ha spiegato – è stato menefreghismo che è peggio perché l’errore può essere perdonato. Ma se io capisco e intuisco che là succedeva una strage ecco che una bomba là non sarebbe mai stata messa”. “Il problema – ha concluso – è che hanno usato gente che non vale niente”.

Messina Denaro dall’amante, filmato ma non venne riconosciuto

Matteo Messina Denaro era stato immortalato davanti casa dell’amante più volte e molto tempo prima dell’arresto del 16 gennaio scorso. Ma la fece franca semplicemente perché la polizia non lo aveva riconosciuto. E’ l’ultima indiscrezione che emerge nell’ambito delle indagini sulla caccia al super latitate del Trapanese che semplicemente si rifugiava a casa sua, a Campobello di Mazara. E per 30 anni è riuscito a sfuggire sempre. Il fatto è emerso nei giorni scorsi rivelato su “La Repubblica”.

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