Domani alle 14 è prevista l’audizione delle sorelle Ina, Anna e Irene Napoli alla commissione antimafia dell’Ars. Le tre sorelle sono state convocate dopo l’ultima intimidazione subita il 12 giugno quando hanno trovato la tomba di famiglia danneggiata dalle fiamme. A presenziare l’audizione per il governo regionale ci sarà l’assessore Toto Cordaro. Le sorelle saranno accompagnate dall’avvocato Giorgio Bisagna.

L’episodio inquietante

Nel giorno delle elezioni al Comune, dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose, le donne, già al centro di minacce e intimidazioni, hanno trovato la tomba di famiglia danneggiata. Del liquido infiammabile è stato buttato sopra una finestra della tomba gentilizia ed è stato dato fuoco. Il vetro della finestra è stato distrutto mentre il marmo della cappella si è annerito. Indagano i carabinieri della compagnia di Misilmeri.

“Sbalordite e traumatizzate”

“Le mie assistite sono sbalordite e traumatizzate per il gesto vigliacco di profanazione, ma se questo messaggio vuole essere un “salto di qualità” dopo l’ondata dei danneggiamenti dei terreni lo respingono con fermezza al mittente. – aveva detto l’avvocato Bisagna commentando l’intimidazione – Oggi, che è giorno di elezioni amministrative a Mezzojuso, e sempre”. Da anni le sorelle Napoli sono vittime di danneggiamenti nella loro azienda agricola e hanno denunciato più volte danneggiamenti e intimidazioni di stampo mafioso.

Una scia di intimidazioni

Da anni le sorelle Napoli sono vittime di danneggiamenti nella loro azienda agricola. Irene, Ina e Anna Napoli hanno denunciato più volte danneggiamenti e intimidazioni di stampo mafioso. Hanno agito innanzitutto per salvare le loro terre: ma il loro gesto è andato molto oltre, è stato utile all’intera comunità. Perché hanno dimostrato con i fatti che si può dire di no alla mafia, alimentata dal silenzio e dalla compiacenza di molti che si girano dall’altra parte pur di non avere “problemi”. Fu documentato che nei loro confronti vi erano state “violenze e minacce reiterate”, persino con lancio di sassi, e l’uccisione di animali, “che rasentano i metodi mafiosi”. Il tutto per costringerle “a cedere la proprietà o la gestione della loro azienda agricola”. Minacce che si sarebbero susseguite per oltre venti anni, dal 1998.

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