Riceviamo e pubblichiamo l’opinione di Aldo Premoli sulle vicende degli sbarchi.

L’intervento di soccorso dei migranti a bordo dell’ennesimo gommone in difficoltà viene operato in queste ore al largo della Libia della nave ‘Cigala Fulgosi’ della Marina Militare italiana. Una bambina di 5 anni è però già morta (leggi qui). Sea Watch, ieri ha lanciato l’allarme dopo l’avvistamento del gommone da parte di un aereo, ha chiesto che i migranti a bordo siano immediatamente soccorsi. Con il passare delle ore, sostiene ancora la Ong, “la situazione sta degenerando”. A bordo ci sarebbero 80 persone tra cui 15 minori, un bimbo di 9 mesi, e una ventina di donne tra le quali una incinta.

Dall’inizio di maggio gli arrivi si sono intensificati. Ogni giorno nuovi sbarchi (quando va bene) altrimenti nuovi morti affogati che vanno ad aggiungersi alle decine di miglia degli anni precedenti. Venerdì 17 a Lampedusa sono arrivati 57 uomini e una donna. Nella stessa notte a Crotone altri 54: il decimo sbarco questo in sole in 48 ore. Già in aprile la tedesca Alan Kurdi aveva soccorso 64 persone mentre all’inizio di maggio la Sea Watch tornata in mare dopo essere rimasta in ostaggio per giorni sulla banchina del Molo di Catania ha salvato 56 migranti di 11 donne, 8 minori non accompagnati e 1 disabile.

Il mese non si è ancora concluso ma siamo già alla metà del numero totale degli sbarchi del 2019: 202 arrivi a gennaio, 60 a febbraio, 262 a marzo, 255 ad aprile, 754 a maggio, in totale oltre 1500. Poi c’è lo spaventevole numero di morti. Lo scorso 2 aprile 50 tra uomini donne e bambini sono annegati nell’ assoluta indifferenza della Guardia costiera libica. Il 3 maggio tra Turchia e Grecia 9 affogati di cui 5 bambini, poco dopo. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni  i decessi registrati sulle tre principali rotte del Mediterraneo nei primi 142 giorni di quest’anno sono almeno 508, pari ad oltre la metà dei quasi 1.000 decessi registrati a livello mondiale.
Nei racconti fantasy dell’attuale Ministro degli Interni la narrazione resta però un’altra. “Rimpatrieremo 500.000 irregolari” (mai fatti accordi con i Paesi di provenienza). “L’efficienza della guardia costiera libica è nell’interesse di tutti” (le motovedette regalate dal Governo italiano si sono ora attrezzate con mitragliatrici che servono a una parte delle milizie per fronteggiare l’altra), “I porti sono chiusi!” (appunto 1500 arrivi da gennaio)
E’ la superficialità di queste dichiarazioni a lasciare sconcertati. Certamente non tranquillizza circa la capacità di comprendere e gestire una questione tanta complessa, tragica e gravida di implicazioni: per il futuro del nostro Paese e dell’Europa tutta. Qui non è questione di buonismo o razzismo. Perchè non saranno gli slogan a metterci al sicuro da quello che sta accadendo, a soli 273 miglia marittime dalla costa orientale della Sicilia: sulla sponda nord di un continente martoriato da ogni genere di calamità.

Articoli correlati