Ad un anno dalla legge 47/2017 “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”, che istituisce l’elenco dei tutori volontari, il bilancio a Palermo è assolutamente positivo.
A fare il punto sulla situazione è il Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza del Comune di Palermo, Pasquale D’Andrea, che ha ideato e sviluppato il Modello Palermo.
Il Modello Palermo è un processo sperimentale diviso in fasi, collegate tra loro, e definito in tempi ben precisi, che permette al tutore, nel momento in cui prende in carico il minore straniero non accompagnato, non solo di assisterlo ma anche di attuare un percorso alternativo di accoglienza e dunque di integrazione del ragazzo o della ragazza all’interno del territorio, attraverso le realtà presenti.
Il Modello Palermo, infatti, si basa principalmente sul Pei, Piano educativo integrato, che tiene conto non solo delle criticità oggettive del minore ma anche di quelle soggettive: cultura di appartenenza, storia di provenienza, formazione, educazione non formale e desideri del ragazzo o della ragazza.
La novità a livello nazionale è inoltre quella di aver messo a punto un piano che prevede anche l’assistenza per i tutori. Tutti i tutori e i minori infatti hanno a disposizione una serie di esperti tra cui anche l’assistenza etnopsicologica.
Il Modello Palermo inoltre è verificato in sua ogni fase grazie dall’Ufficio Monitoraggio Tutori, istituito dall’ Unicef, presso la sede del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza del Comune di Palermo, in via Catania 146.
Ad ogni modo, il principio cardine del Modello Palermo si basa sulla relazione. Quest’ultima intesa come fondamentale punto di partenza per creare un futuro non solo per il minore. “Per far sì che questo rapporto nasca e si sviluppi – afferma D’Andrea- è necessario però acquisire tutte le informazioni, sul ragazzo o della ragazza non accompagnata”.
La storia: “Ricordo un ragazzo – racconta il Garante – credo 17enne, originario del Bangladesh, che all’interno della comunità era ritenuto aggressivo. Il ragazzo andava a lavorare senza che nessuno fosse a conoscenza e quando in comunità lo hanno scoperto ha reagito in maniera molto violenta. Grazie al lavoro d’ascolto e di fiducia instaurato con il tutore abbiamo scoperto che il ragazzo, prima di arrivare a Palermo, era stato in Libia dove prima è stato violentato e poi rapito. La famiglia per liberare il ragazzo ha dovuto vendere la capanna e pagare un riscatto. Dopo tempo il ragazzo è arrivato in Sicilia, dove sin da subito ha pensato di lavorare per aiutare i suoi genitori. Conoscere la storia di ogni ragazzo fa luce su aspetti che non possiamo immaginare”.
Le criticità del Modello Palermo è che ancora il progetto non è diffuso in maniera uniforme in tutte le circoscrizioni della città. A Palermo bisogna adesso lavorare innanzitutto sulla cultura dell’accoglienza e subito dopo dell’integrazione.
I tutori sono 75, la maggior parte donne. La fascia d’età maggiormente impegnata è quella che va dai 45 ai 55 anni, seguita 35 – 45 anni e il titolo di studio in possesso dai tutori è per il 78% la laurea seguita dal diploma. Il 60% dei tutori ha ricevuto più di una tutela mentre solo il 5% sono in attesa di una tutela. Le tutele assegnate in totale sono 143.
Secondo i dati dell’ufficio monitoraggio le revoche dal 2017 ad oggi sono state in tutto 42 e le motivazioni che hanno portato il tutore a rinunciare all’assegnazione sono stati per il 43% dei casi perché superiore alla disponibilità dello stesso tutore, seguito dal 30% delle rinunce a causa dell’ambito territoriale diverso da quello indicato dal tutore.
Per quanto riguarda i minori stranieri non accompagnati assegnati in tutela si è assistito tra il 2107 e il 2018 ad un cambiamento non solo di numeri ma anche di nazionalità. Mentre lo scorso anno la maggior parte delle tutele assegnate provenivano dal Gambia quest’anno a prevalere è la Nigeria.
Inoltre per il 50% la fascia d’età di minori alla data di assegnazione al tutore è di 17- 18 anni, seguiti 15-16 anni. I tempi di permanenza in strutture di prima accoglienza nel 54% dei casi va dai 4 ai 6 mesi. Il dato rilevante è ad ogni modo che nessun minore permane meno dei giorni previsti dalla legge, cioè 30 giorni.
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