Un anno di reclusione con pena sospesa per un medico del pronto soccorso di Villa Sofia finito sotto processo per omicidio colposo. La sentenza contro il medico Giovanni Di Marco è stata pronunciata dal giudice Vittorio Alcamo, per il caso di Giovanni Maria Carroga, residente a Villagrazia di Carini, morto a 62 anni.

La vicenda la racconta il Giornale di Sicilia oggi in edicola. I fatti risalgono a sei anni fa. Il 9 luglio del 2010 Carroga, con un forte dolore al torace, si recò al pronto soccorso di Villa Sofia. Il medico che lo avrebbe preso in cura, Di Marco, difeso dall’avvocato Fabrizio Biondo, si sarebbe prima assicurato che non fosse in corso un infarto ed avrebbe poi fatto fare una radiografia all’addome al paziente. Non avrebbe riscontrato nulla, avrebbe consigliato a Carroga di ‘mangiare in bianco’, gli avrebbe prescritto un antidolorifico e l’ avrebbe rispedito a casa. Trentasei ore dopo, però, Carroga morì a casa.

La famiglia presentò una denuncia ma la perizia disposta dalla procura, dopo aver accertato che la morte era avvenuta per ‘dissezione aortica’ stabilì che non c’erano responsabilità mediche. Ma proprio la famiglia si oppose con una controperizia nella quale si asseriva la ‘responsabilità medica’ perché al pronto soccorso il sanitario avrebbe dovuto far fare una radiografia al torace e non all’addome. Così si sarebbe accorto della dissezione dell’ aorta con possibilità di salvarlo che si aggirano attorno all’80%. Il gip dispose nuove indagini ma invece di due mesi ne trascorsero trenta. Il pubblico ministero affidò una nuova consulenza e saltò fuori la radiografia, nella quale, secondo i periti, non c’ era traccia di dissezione dell’ aorta. Nuovo scontro di periti, contestazioni sui registri di accesso al pronto soccorso e così via. un calvario durato altri trenta mesi fino all’imputazione coatta per il medico Giovanni Di Marco decisa dal gip contro il parere della procura. Adesso la condanna al minimo con pena sospesa.

Di Marco ha sempre respinto ogni accusa convincendo anche la Procura ed è, dunque, prevedibile, che la vicenda non finisca qui ma prosegua con altri gradi di giudizio nei quali il medico tenterà di far valere le proprie ragioni