“Il clima alla Regione è cambiato, buona parte del personale ha trovato la motivazione, la voglia di essere coprotagonista di una stagione di rilancio. E’ un percorso lungo, nessuno si fa illusioni sulla sua durata, dopo decenni di trascuratezza e omissioni. Sapevamo che avremmo trovato strade in salita: non sono abituato a scaricare sugli altri la responsabilità sul presente che appartiene al presidente della regione e al suo governo, credo di avere diritto di rivendicare che il punto di partenza era assolutamente diverso da quello di una condizione di normalità. Sono stati due anni di semina che sembra avviata alla chiusura”.

Così il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, incontrando a Palazzo d’Orleans la stampa per i tradizionali auguri di fine anno. Un incontro che non poteva evitare di incentrarsi sul bilancio e sui tagli lacrime e sangue che sono inevitabili dopo la sentenza di parifica della corte dei Conti sul rendiconto 2018

“La condizione finanziaria sarà un elemento che limiterà, per fortuna, solo la spesa corrente e non quella per gli investimenti: dovremo necessariamente operare tagli per un anno, forse per due, poi andremo in pianura se non
in discesa” ha detto il governatore mostrandosi, tutto sommato, ottimista, o quantomeno più ottimista del presidente dell’Ars.

‘Siamo fiduciosi di potere rispondere alle richieste della Corte dei conti anche se con molta difficoltà – ha aggiunto
Musumeci – Fuori dal Palazzo non si può pensare che il problema della finanza regionale, che il pm dice risalente almeno al 1994, si può affrontare senza sacrifici e rinunce da parte di tutti’.

Musumeci si dice, dunque, più ottimista di quanto non sia il Presidente dell’Ars Miccichè

“Al governo nazionale chiederemo non elemosine, ma di prendersi in carico il problema degli enti locali, che vivono una condizione di assoluta gravita. Serve una riforma della finanza locale in Sicilia”.

“Roma è apparsa distratta, alcuni ministri pontificano, emettono giudizi improntati a scarso rispetto istituzionale ma anche ad ignoranza, nel senso che non conosco la realtà di questa isola”.

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