Claudio Burgio (figlio adottivo di Giuseppe La Franca, vittima innocente di mafia), racconta di aver cacciato, ieri sera, da via D’Amelio, il pentito Gaspare Mutolo, al termine di un’animata discussione durante la cerimonia in ricordo del magistrato ucciso 31 anni fa dalla mafia.

Il racconto di Burgio

Burgio ricorda che il collaboratore di giustizia, in una delle ultime puntate di “Non è l’Arena”, su LA7, ha detto che Graziella Accetta, la mamma del piccolo Claudio Domino – ucciso nel 1986 in circostanze mai del tutto chiarite – che il bambino sarebbe stato ucciso perché testimone di avances nei confronti della donna. La mamma di Claudio si è detta offesa dalle dichiarazioni del pentito.

La versione di Mutolo

Gaspare Mutolo offre una versione dei fatti diametralmente opposta.  Il collaboratore di giustizia racconta di aver passato il pomeriggio in via D’Amelio ed aver parlato con alcune persone, parenti di vittime della sua storia all’interno della mafia, che lo hanno perdonato.  Racconta di aver incontrato anche Salvatore Borsellino. Poi, Mutolo sarebbe uscito dalla saletta all’aperto transennata per sedersi accanto all’albero d’ulivo che ricorda il giudice ucciso nella strage del 19 luglio 1992. Proprio in quegli attimi, una signora gli è venuta incontro gridando, “dove è che ci siamo conosciuti?”.  Era la signora Accetta, la mamma di Claudio Domino. La signora faceva riferimento a una puntata di “Non è l’Arena”, dell’aprile del 2023, quando Mutolo offrì una lettura particolare sul quel caso giudiziario. Mutolo sostiene di aver cercato di placare la signora e con molta serenità ha tentato di evitare il contraddittorio. L’alterco è stato evitato, grazie all’intervento di quelli che il collaboratore definisce i suoi “angeli custodi”. Mutolo è stato fatto riaccomodare nella sala transennata di via D’Amelio e la vicenda si è chiusa lì.

Rispetto alla vicenda della drammatica morte di Claudio Domino, Mutolo precisa che nel corso di quel programma televisivo ha semplicemente riportato notizie che aveva ricevuto in carcere, mentre scontava un periodo di detenzione. La versione di Mutolo, pur non avendo un sigillo giudiziario, combacia con le dichiarazioni dei pentiti Giovan Battista Ferrante e Francesco Paolo Onorato, oltre che con una captazione telefonica a carico di Giovanni Li Causi (presunto uomo d’onore della borgata di San Lorenzo), che durante una conversazione del  23 settembre 2011, rivela che il piccolo Claudio Domino “ha guardato una cosa che non doveva guardare”.

Claudio Domino venne ucciso il 7 ottobre del 1986, all’età di appena undici anni, ucciso con un colpo alla testa sparato da un killer in sella a una moto. L’omicidio avvenne mentre a Palermo era in corso il Maxiprocesso alla mafia. Il mafioso Giovanni Bontade, da dietro le sbarre, nel corso di un’udienza chiese di parlare e con un proclama prese le distanze dall’assassinio: “Siamo uomini, abbiamo figli, comprendiamo il dolore della famiglia Domino. Rifiutiamo l’ipotesi che un atto di simile barbarie ci possa sfiorare”.

Il ricordo in via D’Amelio

Tutti fermi, quasi sugli attenti, con le agende rosse alzate a simboleggiare la richiesta di verità e giustizia e sullo sfondo il silenzio fuori ordinanza suonato alla tromba a rimbombare fra le pareti di quegli stessi stabili che hanno sentito nel altri suoni 31 anni fa, l’esplosione dell’autobomba che uccise Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Doppio corteo senza scontri

Si è conclusa così la fase saliente delle commemorazioni. Doppio corteo, per così dire, ma senza incidenti stavolta. Da una parte le manifestazioni ufficiali in via D’Amelio, dall’altra parte la contro manifestazione della Cgil e di una quarantina di associazioni antagoniste, partita dall’albero Falcone. Un corteo animato dalle stesse persone che il 23 maggio entrarono in contatto con le forze dell’ordine. Ma stavolta in testa al corteo c’era Salvatore Borsellino e anche questo ha evitato esasperazioni dei concetti e delle azioni. Alla manifestazione ha partecipato il segretario del PD, Elly Schlein, che ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione.

Il contro corteo

Fuori la mafia dallo Stato:  è stato il coro che riecheggiava in via Notarbartolo, a Palermo, luogo di partenza del corteo 19 luglio. Un insieme di 30 associazioni, in cui vi è anche la presenza del movimento agende rosse, sta sfilando fra le strade del capoluogo siciliano verso via D’Amelio. Luogo in cui, alle 16.58, si terrà il minuto di silenzio in memoria di Paolo Borsellino e dei cinque agenti della scorta.

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