- Il 5 dicembre del 2020 moriva a Palermo Noemi Ocello, 32 anni
- Il libro “Noemi Crack Bang” racconta la sua storia
- Il Comune di Palermo la ricorda con la posa di una pietra in sua memoria a Ballarò
- L’intervista agli autori del volume
Una ragazza si aggira per le strade di Palermo con il suo zaino. E’ bionda e ha gli occhi verdi.
E’ bella Noemi, di una bellezza malinconica e disperata. Nel suo sguardo si scorge una grande tristezza ma non certo la voglia di arrendersi.
In molti la conoscono, la vedono spesso, soprattutto nel centro storico.
Il suo zaino contiene pochi effetti personali, frammenti di una vita segnata dal dolore e dalle incomprensioni, da silenzi laceranti e assenze incolmabili. Noemi lotta, ogni giorno. Vuole una vita normale. Una casa vera nella quale fare ritorno la sera, dove poter crescere il proprio bambino dal quale ha dovuto separarsi, un tetto, un nido, una famiglia, un porto sicuro.
Noemi non ha niente di tutto questo ma lo desidera con tutte le sue forze, anche se talvolta, sono davvero poche.
La morte il 5 dicembre 2020
Non sa che la sua esistenza sarà davvero breve, e che si interromperà, drammaticamente, il 5 dicembre del 2020, esattamente un anno fa, nei locali di un vecchio pub dove da qualche tempo vive in un vicolo di Discesa delle Capre. E’ la sirena di un’ambulanza, nel pomeriggio, a squarciare il vociare diffuso della folla impegnata nello shopping natalizio.
Noemi è stata trovata morta. A causare il decesso presumibilmente una overdose (le indagini sono ancora in corso e i risultati dell’autopsia non sono stati finora resi noti).
Sembra essere finita così, su un divano logoro, la sua vita.
Noemi però, in qualche modo, è tornata a vivere, grazie alle pagine di un libro scritto con grande sensibilità ed altrettanta umanità, e nel quale la realtà che l’ha circondata viene ricostruita attraverso uno straordinario e certosino lavoro documentale, condotto con il desiderio di analizzare e comprendere, senza esprimere facili giudizi, e approdato alla consapevolezza che la morte di Noemi poteva essere evitata.
S’intitola “Noemi Crack Bang” (La banalità del male), il libro scritto da Victor Matteucci e Gilda Sciortino ed edito da Mediter Italia, prefazione di Leoluca Orlando, che racconta la storia vera di Noemi Ocello, morta a 32 anni.
Noemi era una giovane donna palermitana, che per tutta la vita è entrata e uscita, continuamente, dal mondo degli invisibili.
Il Comune di Palermo ricorda Noemi
Si svolgerà oggi, alle 15, in piazzetta Brunaccini a Ballarò, la commemorazione del primo anniversario della morte di Noemi.
Alla cerimonia parteciperanno il sindaco, rappresentanti istituzionali, esponenti della società civile, rappresentanti di associazioni culturali ed amiche ed amici di Noemi.
Si terrà la posa di una pietra in ricordo di Noemi e di tutte le vittime dell’emarginazione e dell’esclusione sociale.
Il sindaco di Palermo ha dichiarato: “A un anno di distanza dalla sua morte ricordiamo Noemi Ocello e lo facciamo con la posa di una pietra in sua memoria in piazza Brunaccini, per ricordare la sofferenza di tanti giovani vittime di indifferenza e selvaggia speculazione criminale. La memoria ci interroga, stimola riflessioni e dubbi. La storia di Noemi riguarda tutti noi, è come un pugno inferto allo stomaco della città, deve risvegliare le coscienze. Istituzioni e cittadini tutti abbiamo il dovere di liberare dalla paura le città e per farlo è necessario rendere visibili gli invisibili come Noemi Ocello. Una giovane vita che ha cercato una seconda opportunità, un nuovo inizio, spezzando le catene della droga e dell’emarginazione. Spetta a noi non dimenticare Noemi e coltivare ogni giorno il rispetto dei diritti che vale per tutti. Credo sia questo il senso profondo della pietra in sua memoria: lasciare una traccia indelebile contro ogni indifferenza che sia monito per le istituzioni e per la società civile in sostegno dei soggetti più fragili”.
Il libro inchiesta
“Noemi Crack Bang” è un libro inchiesta di 392 pagine, supportata da una serie di testimonianze inedite e documenti originali che la stessa Noemi ha lasciato nella sue comunicazioni telefoniche. Nel volume, 55 interviste a rappresentanti istituzionali, procuratori, medici, psichiatri, insegnanti e diretti protagonisti per colloqui complessivi di circa 90 ore. Un lavoro di analisi iniziato qualche giorno dopo la morte di Noemi e proseguito per mesi, alla ricerca della verità.
Una notizia tra tante
La vita di Noemi è trascorsa tra strutture psichiatriche, strada, dormitori, crack house, case e fabbriche abbandonate a Ballarò e allo Sperone, dove il consumo di droga, la prostituzione e la violenza sembrano essere l’unica alternativa possibile. Sullo sfondo un mondo che appare sordo e indifferente.
Ha fatto di tutto Noemi, per sfuggire al suo tragico destino, ha combattuto contro gli innumerevoli rifiuti, per revocare l’invisibilità nella quale il suo cuore si era consumato.
Ne sono testimonianza le sue reiterate richieste di aiuto alla società e alle istituzioni.
Ma perché scrivere un libro sulla sua storia?
“Noemi è stata – spiega a BlogSicilia Victor Matteucci – una ‘notizia’ tra le tante che scorrono in tv.
Mi ha stupito il fatto che fosse morta in pieno centro storico. Ho contattato dei miei amici palermitani e ho appreso che sapevano della sua morte. Tra loro c’è Nino Rocca, un ex docente e oggi operatore sociale che si occupa di emarginazione e che aveva aiutato tanto Noemi in più occasioni e la conosceva bene. Ha dato a me e a Gilda Sciortino una serie di informazioni dalle quali siamo partiti per iniziare a raccontare la sua vicenda. Quella che sembrava una delle tante storie di droga, ha acquisito uno spessore diverso, perché in realtà nella vita di Noemi la droga arriva intorno ai 20 anni. Prima ci sono una infanzia e una preadolescenza molto complicate, segnate da conflitti non indifferenti con la madre e il mondo della scuola. La droga è soltanto l’ultimo capitolo della vita di Noemi”.
La ricerca, chi era Noemi
Tradimenti, soprusi, violenze caratterizzano la vita di Noemi. E lei reagisce con atteggiamenti di fuga o ribellione. Sarebbe troppo facile pensare che non voleva farsi aiutare. Una esistenza la sua, difficile e randagia. Eppure Noemi non pensa solo a sé.
Tende la mano a chiunque si trovi in uno stato di bisogno. Dai suoi innumerevoli messaggi vocali – trascritti nel libro – agli amici e a Nino Rocca, che lei considera un secondo padre, si evince tutta la sua preoccupazione per gli ‘ultimi’: giovani come lei incontrati in dormitorio, ragazze madri che hanno perso tutto, stranieri senza fissa dimora.
Si identifica con le persone perdute e disperate, come lei.
E’ una vita precaria quella di Noemi, ricostruita attraverso confidenze agli amici, post su facebook, foglietti sgualciti rinvenuti tra le sue cose, annotazioni su piccole agende.
A circondare la giovane donna delle figure controverse.
Noemi è ferita e spezzata, ha continui dolori allo stomaco che etichetta banalmente come gastrite, parla del “ghiaccio” che sente nelle ossa quando è costretta a dormire per strada.
Noemi ha una personalità borderline. I medici che l’hanno avuta in cura concordano circa la sua fragilità emotiva, ma nessuno può fare a meno di notare gli sprazzi di forza e tenacia con i quali rivendicava il diritto ad una vita diversa da quella che conduceva.
Il 22 novembre del 2015 Noemi partorisce il suo bambino, che definisce “un dono”, e aspira, per entrambi, ad avere accanto qualcuno che li protegga e li ami.
Quel bimbo, che è una sorta di speciale ‘lasciapassare’ per una vita normale le verrà tolto per diverse circostanze. Il rapporto con il padre di suo figlio naufraga seppellito dalle incomprensioni: si infrange drammaticamente il sogno di rinascita e di riscatto di Noemi che piomba nuovamente nella spirale della dipendenza e dell’instabilità.
Noemi è innanzitutto una donna disperatamente sola.
Il disagio sin dalla più tenera età
Il disagio nella sua vita compare presto. Continua Matteucci: “I problemi di Noemi iniziano sin dalla più tenera età. A 4 anni aveva perso il padre, musicista e artigiano, morto di Aids.
Questo distacco segnerà la sua esistenza per sempre. A 8 anni è già in cura da uno psicologo.
Noemi si ritrova a vivere con una madre vedova che forse non riesce a comprenderla, come molti altri protagonisti di questa storia. A 15 anni il primo presunto tentativo di suicidio di Noemi, seguono atti di autolesionismo, ricoveri in cliniche psichiatriche, psicofarmaci e una serie di disturbi di vario tipo, relazioni affettive disfunzionali, conflitti familiari molto accentuati, una seria problematicità legata al mondo della scuola che Noemi rifiuta. Fragile e ‘complicata’ non si sentirà mai amata e protetta, in nessun luogo e in nessuna circostanza”.
“Abbiamo deciso – dice Gilda Sciortino – di scrivere e raccontare questa vicenda perché ci consente di fare un viaggio attraverso diversi ‘mondi’, a partire dalla famiglia, problematica dal punto di vista affettivo e relazionale, alla scuola, inadeguata a percepire il disagio della giovane, sino ad arrivare alle istituzioni della città”.
“Abbiamo appurato – aggiunge Matteucci – che il suo disagio giovanile è stato ‘curato’, per così dire, nelle cliniche con psicofarmaci. Posti nei quali, oltre a somministrarle dei farmaci, probabilmente non è stato fatto nulla per aiutarla, per capire quali erano le ragioni, le origini del suo malessere”.
Nessuna prospettiva
Una discesa nel degrado senza prospettive quella per Noemi, che trascorre i suoi ultimi tre anni “in modo terribile – dicono gli autori -, vissuti giorno e notte per strada, esposta a rischi e violenze di ogni tipo”.
Noemi era dipendente dal crack – ma non solo – e aveva deciso di disintossicarsi subito dopo aver saputo di essere incinta. C’era anche riuscita, mentre percorreva un accidentato sentiero che l’avrebbe portata, almeno questo sperava lei, a ricostruire la sua vita.
Sarà dopo la perdita del figlio che tornerà in strada. Le case famiglia non basteranno a salvarla.
Il consumo di droghe
Nel libro, dunque, come detto, un excursus attraverso famiglia, scuola, società civile, servizi sociali, ospedali, cliniche private, dormitori, case famiglia, Sert “e tutta una serie di altri servizi – precisa Matteucci – che ci consente da un lato di raccontare la storia di questa donna, dall’altro di fare un punto sullo stato del welfare in Italia e a Palermo e capire quale sia la risposta dei servizi e delle istituzioni alle forme di disagio giovanile. Questa inchiesta ha messo in evidenza la forte crescita del disagio giovanile, che riguarda anche i minorenni e coinvolge molte donne.
Il numero di tossicodipendenti da crack è triplicato in pochi anni, insieme ai fenomeni di prostituzione legati all’uso delle droghe. E’ emersa una storia molto dura ed estrema, inquietante ma utile a raccontare il disagio giovanile in Italia dopo che per anni abbiamo un po’ spento le luci su questo fenomeno”.
“Noemi Crack Bang”, inoltre, apre uno squarcio di conoscenza e riflessione in merito al mondo dello spaccio e del consumo di droghe a Palermo ma non solo. “Il crack – dicono gli autori – è l’elemento dominante della dipendenza di Noemi. Il “bang” del titolo sta a significare l’esplosione di questa vicenda. Siamo partiti da una storia vera per raccontare un fenomeno sociale di dipendenza dal crack che sta avendo una espansione terrificante in Italia e in Europa, perché il crack è la cocaina dei poveri, costa poco, è accessibile a tutti, ha assunto i connotati di uno scoppio che probabilmente nessuno si aspettava. Coloro che sono venuti a conoscenza di questa storia o hanno letto il libro testimoniano da un lato una grande sorpresa di fronte a questa evidenza, dall’altro coinvolgimento e commozione per la tragica fine di Noemi”.
Il confine
“Malinconica e cupa, con un sorriso amaro”, come la descrive nel libro un suo amico, Noemi è una donna che passa continuamente il confine.
“Si tratta – spiega Sciortino – del confine del lecito e dell’illecito, del confine che è anche dell’anima. Quello di Noemi è un caso scuola perché lei attraversa tutto l’attraversabile.
In Noemi c’è una componente caratteriale e psicologica estremamente variegata ed eterogenea, c’è la dipendenza ma anche il disagio psichico e sociale. Le problematiche che la sua storia solleva e le sollecitazioni che lei lancia tuttora alla società con il suo vissuto l’hanno fatta diventare un caso da studiare”.
Osserva Matteucci: “Noemi attraversa il confine tra società civile e integrata e l’emarginazione senza sosta. Solitamente, quando una persona diventa tossicodipendente, entra nel mondo dell’invisibilità. Noi perdiamo le tracce di queste persone, nel senso che non ci parlano più e pian piano è come se scomparissero. Molte ragazze amiche di Noemi ci hanno raccontato che non hanno più nemmeno i documenti, perché gli uomini che le controllano e le sfruttano glieli sottraggono in modo che nessuno possa rintracciarle. Noemi invece mantiene il legame con la società nella quale cerca di rientrare, attraverso vari passaggi e persone: la madre, il figlio, Nino Rocca, il rapporto con il Sert. La sua vita è un interrotto entrare e uscire dalla vista della società civile.
Da parte sua c’è una richiesta di aiuto molto forte, che solitamente, nei casi di tossicodipendenza non si registra”.
La banalità del male
Il sottotitolo del libro è “la banalità del male”, proprio come il saggio di Hannah Arendt.
Può il male essere ordinario e scontato? A chi ‘attribuire’ la colpa della morte di Noemi?
“Non c’è un colpevole specifico – precisa Sciortino – , ma ognuno ha inferto una coltellata a Noemi, non sapendo che già altri avevano colpito. Ognuno le ha fatto del male senza sapere quanto ne avesse già ricevuto. Ognuno ha inconsapevolmente contribuito alla sua morte”.
“Gesti e funzioni che di per sé – aggiunge Matteucci – hanno una apparente neutralità e banalità possono produrre una tragedia. Spesso di tratta di atti burocratici, funzionali, formali, che rispondono a delle procedure. Nel caso di Noemi tutte le istituzioni hanno agito con un approccio formale e burocratico, con una totale assenza di empatia che ha determinato una distanza tra Noemi e le istituzioni stesse mai colmata, e quindi una diffidenza. Noemi si sentiva sempre rifiutata e invisibile. Nei suoi messaggi si coglie tutta l’inadeguatezza di un welfare che è soltanto burocratico, e che non mette in campo una relazione vera, empatica, in grado di interloquire con il soggetto che ha bisogno di aiuto”.
Uno spaccato della città che fa rabbrividire e il ruolo delle donne
Indagare sulla vita di Noemi ha consentito a Matteucci e Sciortino di fare alcune ‘scoperte’.
“Noemi – dice ancora Sciortino – ha portato a galla uno spaccato di questa città.
Non immaginavamo che Noemi e tante ragazze come lei potessero vivere in condizioni così estreme. Non sapevamo che ci fossero donne giovanissime che alla luce del giorno si prostituiscono per 10 o 20 euro che gli serviranno per acquistare una dose di crack. Sono circostanze di una gravità che fa rabbrividire”.
“Con le nostre interviste a molte ragazze e conoscenti di Noemi – osserva Matteucci – abbiamo documentato che questa realtà esiste, nonostante le istituzioni abbiano difficoltà ad ammettere o riconoscere che c’è una prostituzione, anche minorile, legata all’uso del crack.
Le ragazze che abbiamo incontrato ci hanno raccontato come e dove tutto ciò avviene.
Ma la storia di Noemi mette in evidenza anche la difficoltà delle famiglie. Nel suo caso c’è stato un conflitto molto violento tra lei e la madre, irrimediabile, ma che non è il solo.
Di solito sono gli uomini a non avere empatia verso le donne. In questa vicenda il conflitto tra donne si ripresenta in più punti: a comandare enti e servizi con i quali Noemi ha avuto a che fare sono donne. Noemi vive al centro di un continuo conflitto tra donne: a cominciare da quello con la madre sino a finire a quello con le responsabili di alcune case famiglia che l’avevano ospitata.
Siamo paradossalmente di fronte a una storia di donne contro, che non sanno relazionarsi tra loro.
Donne svantaggiate da un lato e donne leader dall’altro. Questa è una constatazione angosciante. Perché la società auspica un cambiamento culturale ma poi le donne riproducono modalità di gestione e di comando simili a quelle degli uomini mentre invece dovrebbero avere una diversa capacità di immedesimazione e comprensione”.
Una eredità per il futuro
La vita di Noemi, concordano gli autori, “deve essere una eredità per il futuro”. Perché simili vicende non accadano più. “C’è da riflettere anche sul fatto – osservano – che Noemi rispondeva a rifiuti e provocazioni colpo su colpo, con una istintività quasi animalesca e infantile. Noemi aveva tuttavia una sua innocenza, elemento che ci ha molto colpiti. Ad ogni gesto che riteneva un affronto, o di fronte alle ingiustizie, reagiva in ogni modo, voleva cambiare. Ma Noemi conviveva con una profonda ferita affettiva, quindi reagiva d’istinto, senza rassegnazione. Ci auguriamo che la sua forza serva da esempio magari a chi si trova nella stessa situazione”.
L’esigenza di raccontarsi
Ma è stato complicato raccogliere testimonianze sulla vita di Noemi?
“Meno di quanto ci aspettassimo – conferma Sciortino -. Molti amici e conoscenti di Noemi avevano l’esigenza di raccontarsi attraverso lei. Questo ci fa capire bene che c’è la necessità, per loro, di uscire fuori, di tratteggiare il mondo degli invisibili, dei quali non si scrive o parla abbastanza”.
Il dibattito e la denuncia
La storia di Noemi non è qualcosa di fermo o statico. E non vuole essere solo una denuncia da parte degli autori del libro. “Già in occasione delle presentazioni del volume – osserva Sciortino – è nato un dibattito. Vorrei che da questo libro nascesse sempre qualcosa. Vorrei che altre ragazze in situazioni analoghe riuscissero a pensare che c’è per loro una occasione, una possibilità.
Vorrei che non perdessero la fiducia. Mi piace pensare, anche se forse è un po’ utopico, a una società nella quale ci si accorga del mondo degli invisibili. Credo che in questa direzione si possano fare passi in più e spero che il libro possa aiutare. Certo, il funzionamento delle istituzioni dovrebbe cambiare, c’è bisogno di un approccio più umano e conforme ai bisogni di chi chiede aiuto.
Nonostante la sua drammaticità, la storia di Noemi dovrebbe essere portata a conoscenza dei ragazzi nelle scuole. Proprio la scuola è uno dei nostri obiettivi principali. Perché sono i giovanissimi che devono rendersi conto della realtà che li circonda e capire come adoperarsi per cambiare le cose. Molti ragazzi ci hanno detto che quella di Noemi è una storia incredibile e si chiedono come sia potuta accadere una cosa del genere”.
Conclude Matteucci: “La nostra speranza è che questo libro abbia reso visibile una storia presa dal mondo degli invisibili. Noemi aveva anche scritto una memoria autografa, in terza persona.
Ne viene fuori il ritratto di una donna molto autentica, che vuole soltanto non essere invisibile.
Il libro intende anche indurre a fare una riflessione sul welfare oggi: negli ultimi anni lo abbiamo dismesso, abbiamo tagliato fondi e privatizzato. Abbiamo fatto una serie di errori gravi, a causa di una visione manageriale e aziendalistica dello Stato e dei servizi che offre. Ma voler gestire lo Stato o i servizi agli ‘ultimi’ come un’azienda è ridicolo. Fa parte di una mentalità tutta privatistica che a mio avviso è deleteria. Ecco, noi dovremmo, credo, ripensare tutto questo, e la storia di Noemi può aiutarci in tal senso. A noi, che abbiamo fatto questo viaggio in una vicenda tanto dolorosa, rimane un rimpianto: Noemi poteva essere salvata, meritava un tipo di ascolto diverso.
Ci auguriamo che nessun altra ragazza debba subire la stessa sorte di Noemi”.
Gli autori
Victor Matteucci è senior project manager per la Cooperazione Internazionale nel Mediterraneo e in Medio Oriente. È presidente a Bruxelles della rete euro-araba Mediter. Ha pubblicato vari saggi e inchieste tra cui: “Abruzzo isola felice” con Leoluca Orlando, “Il Suicidio Fabrizi”, “Il Delitto Alinovi e il caso Ciancabilla”, “Terranova, dalla disobbedienza alla rivolta” con Ernesto Balducci, “Gli Estranei” con le prefazioni di Rita El Khayat e Mauro Laeng. È autore di numerosi articoli e studi su quotidiani e riviste italiane ed estere.
Gilda Sciortino è giornalista dal 1991. Ha collaborato con numerose testate giornalistiche, occupandosi da sempre di terzo settore e legalità. Attualmente è responsabile dell’ufficio stampa di “Mediter Italia” e di “Sos Impresa – Rete per la Legalità” per la lotta al racket e all’usura. Collabora con il periodico nazionale “Vita a Sud”, È autrice di varie pubblicazioni tra cui “Uomini di Scorta”, “Mai più soli” (il libro bianco della lotta contro il pizzo), “Rosario Livatino (La coscienza di un giudice), per i quali ha ricevuto il premio speciale “Alessio Di Giovanni” per il settore “Comunicazione”.
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