La corte di appello di Palermo, sezione I penale, presieduta da Adriana Piras, ha confermato la sentenza di assoluzione di primo grado “per non aver commesso il fatto”, di Patrizia Monterosso, accusata di peculato insieme al dirigente della formazione dell’epoca, Anna Rosa Corsello.

Le richieste della procura

La Monterosso, difesa dall’Avvocato Roberto Mangano, aveva scelto di essere giudicata con l’abbreviato. La sentenza di assoluzione, emessa dal gup, Molinari, veniva però impugnata dalla procura generale presso la corte d’appello di Palermo, che chiedeva, nel giudizio di appello, la condanna dell’imputata alla condanna ad anni 2 e mesi 8 di reclusione.

L’avvocato Roberto Mangano ha ricostruito tutti i passaggi, in particolare la vicenda degli extra budget erogati agli enti di formazione, e poi recuperati, poiché illegittimi, attraverso una procedura che secondo la pubblica accusa era stata organizzata dai due alti dirigenti, Corsello e Monterosso, per mantenere indenne quest’ultima nel giudizio erariale pendente innanzi alla Corte dei Conti. Da qui la contestazione per peculato, e il relativo processo penale. Oggi arriva la seconda assoluzione della Monterosso anche in appello.

L’assoluzione del 2018

Ad inizio febbraio 2018 arrivò la prima assoluzione “perché il fatto non sussiste” Patrizia Monterosso, ex segretario generale della Regione siciliana e attuale direttore della Fondazione Federico II, accusata assieme Anna Rosa Corsello, ex dirigente regionale, del mega peculato da 11 milioni di euro legato agli extra-budget della Formazione professionale.

Monterosso scelse il rito abbreviato mentre Corsello quello l’ordinario. Per Patrizia Monterosso, che era assistita dagli avvocati Nino Caleca e Roberto Mangano, la procura aveva chiesto la condanna a quattro anni. Gli avvocati avevano presentato nelle scorse udienze un parere dell’Avvocatura dello Stato che consiglia alla Regione di non costituirsi parte civile al processo perché “gli atti del segretario regionale sono legittimi”.

Proprio per questo Patrizia Monterosso decise di farsi processare con gli elementi fin qui raccolti dai pm. La vicenda del processo è quella delle somme concesse agli enti di formazione in aggiunta alle cifre previste inizialmente dal Piano dell’offerta formativa regionale. Integrazioni che per la Corte dei conti erano illegittime. Fu il nucleo di polizia tributaria della finanza a scoprirlo.

Il segretario generale della Regione, per l’accusa, sarebbe stata il concorrente morale del peculato milionario commesso materialmente da Corsello, ex dirigente del dipartimento della Formazione.