Prima la scarcerazione dopo 12 anni di detenzione, poi – pochi giorni dopo, il 15 aprile scorso – la messa ed i festeggiamenti per le nozze d’argento con la moglie, anche lei condannata per mafia, nella chiesa di San Domenico.

Il boss Tommaso Lo Presti e la moglie Teresa Marino hanno festeggiato i loro 25 anni di matrimonio nella chiesa di Palermo che accoglie il pantheon degli illustri di Sicilia e che ospita, peraltro le spoglie di Giovanni Falcone, il giudice ucciso dal Cosa nostra il 23 maggio del 1992 assieme alla moglie Francesca Morvillo ed agli agenti di scorta.

La coppia, che ha ruoli di vertice nella cosca mafiosa di Porta nuova a Palermo, poi ha festeggiato l’anniversario in una villa con due cantanti neomelodici.

La notizia data nei giorni scorsi dal sito di notizie Palermotoday è stata rilanciata da Repubblica che ha peraltro intervistato Maria Falcone, la sorella di Giovanni.

Il rettore di San Domenico, padre Sergio Catalano dice che quando si è svolta la messa non sapeva chi fossero i due e di averlo appreso solo dal sito sul web a cose fatte. I due mafiosi, che hanno rinnovato la propria promessa d’amore, hanno anche lasciato un’offerta per la chiesa. Padre Catalano dice che “quei soldi saranno utilizzati per fare del bene a chi ne ha bisogno”.

Maria Falcone, “Sono indignata”

“Sono indignata, amareggiata per le nozze d’argento del boss celebrate nella chiesa di San Domenico – dice la professoressa Maria Falcone – è come se quel mafioso avesse fatto una prepotenza contro Giovanni, ma Giovanni dall’alto non si cura di loro”.

“Venditori di bibite”

Ci si chiede come possa essere successa una cosa del genere.

“Ho chiamato padre Sergio Catalano, il rettore di San Domenico: mi ha spiego, come ha detto anche a Repubblica, che loro non sapevano chi fossero qui due signori che stavano sull’altare. Mi ha pure detto che dell’organizzazione si occupa una loro collaboratrice. Lei, a dire il vero, si era un po’ insospettita guardando le persone che aveva davanti, così ha spiegato. E allora ha chiesto: che mestiere fate? Loro hanno detto: siamo venditori di bibite”.

Eppure sarebbe bastata una rapida ricerca su Google sui nomi di Tommaso Lo Presti e di Teresa Marino per scoprire chi fossero. Entrambi condannati per associazione mafiosa perché ai vertici del clan di Porta Nuova.

“Mafiosi sempre pronti a tentare di infiltrarsi nella società”

“Questa vicenda mi addolora profondamente. Deve essere una lezione per tutti: i mafiosi sono lì sempre pronti ad approfittarsene, cercano ad ogni occasione di infiltrarsi nella società”.

“Credo nella buona fede dei preti di San Domenico”

Prima della messa, i padri domenicani non sapevano. Ora sanno. Il rettore ha detto che non restituirà l’offerta, ovvero i soldi dei mafiosi: “Sono soldi che verranno impiegati per il bene”, ci ha spiegato. Eppure don Pino Puglisi rifiutò le offerte dei mafiosi di Brancaccio.

“Io credo fermamente che i preti di San Domenico siano in buona fede. Sulla questione dell’offerta non voglio entrare, è una vicenda che riguarda la Chiesa. Però, per certo, qualcosa bisogna fare. Ad esempio non si deve più consentire in un pantheon dove riposano le spoglie di tante persone illustri si possano mettere addobbi che deturpano la bellezza e la sobrietà della chiesa”.

I festeggiamenti di cattivo gusto

I signori Lo Presti hanno fatto sistemare all’ingresso di San Domenico degli addobbi davvero appariscenti e di cattivo gusto. Inoltre, i familiari dei boss, hanno rilanciato la cerimonia sui social.

“A prescindere dalla tomba di Giovanni Falcone, quel luogo va preservato e rispettato. Vanno fissate delle regole precise a cui tutti dovrebbero astenersi. Sarebbe anche un modo per prevenire determinati incidente”.

“Ripareremo con un’altra messa, il 23 maggio”

La messa per due mafiosi, ovvero per due scomunicati secondo il magistero della Chiesa è una ferita pubblica. Ci si chieda come si possa riparare.

“Con un’altra messa, la celebreremo il 23 maggio come ogni anno. Sarà un modo chiaro, netto, per prendere le distanze dalla mafia e da tutte quelle persone che girano attorno all’organizzazione mafiosa. Sarà una risposta a chi ha voluto offendere Giovanni”.

L’ardua sfida per il cambiamento

Per Maria Falcone, la vera sfida è quella di “provare a cambiare la mentalità di questa città, su questo versante è impegnata la Fondazione che porta il nome di Giovanni Falcone. Adesso nascerà pure un museo a Palazzo Jung, per riflettere, capire, discutere. Questa vicenda della messa dei mafiosi a San Domenico sia di lezione per tutti”.

Ed inoltre: “Bisogna continuare a impegnarsi tanto, ognuno facendo la propria parte, come diceva Don Pino Puglisi. La Fondazione Falcone lavora tanto con i giovani e con le scuole di tutta Italia, un percorso che ha portato risultati importanti in questi anni.

“Non so a chi dare la colpa, sono molto dispiaciuta”

La vicenda di San Domenico dimostra come già ampiamente indicato dalle indagini della magistratura e delle forze dell’ordine come la mafia abbia una grande capacità di riorganizzazione.

“Non so davvero a chi dare la colpa, però, sono tanto dispiaciuta. La nostra Chiesa è quella di don Pino Puglisi, il parroco che aveva ben chiaro il percorso da fare, per questo i mafiosi l’hanno ucciso”.