Sabato 9 febbraio sarà consacrato l’altare coram populo della chiesa madre di Santa Maria di Altofonte (parroco don Nino La Versa).
Gli architetti Ciro Lomonte e Guido Santoro illustreranno alle 17 le opere d’arte e di artigianato realizzate ex novo, a coronamento dell’area presbiterale, nell’architettura originaria voluta nel 1633 dal Cardinale Scipione Caffarelli Borghese.
Seguirà, alle 18, la solenne celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo di Monreale, Mons. Michele Pennisi, nel corso della quale verranno appunto dedicati la chiesa e l’altare.
La coppia di amici, reciproci sostenitori e colleghi architetti, non è nuova a iniziative nel campo dell’arte sacra, avendo partecipato alla riconfigurazione di diverse chiese (un’avventura emblematica in corso, ad esempio, è quella della chiesa del Santo Curato d’Ars a Falsomiele, Palermo) e fondato insieme l’Associazione Magistri Maragmæ, con sede a Monreale, a cui hanno dato vita per assicurare alle nuove generazioni conoscenze di eccellenza nel settore dell’artigianato. Proprio come avveniva, ai tempi del Medioevo, nell’organizzazione cantieristica in Sicilia, come quella che diede vita alla magnificenza del Duomo di Monreale.
Nella riqualificazione presbiterale della chiesa madre di Altofonte (gemmazione dell’Abbazia cistercense del XIV secolo, ndr), gli architetti Lomonte e Santoro hanno inteso restituire quei requisiti vitruviani dell’architettura ovvero la funzione, la struttura (stabilità) e naturalmente la bellezza, perché la percezione di un’opera così concepita deve restituire “una risposta adeguata alle esigenze degli esseri umani”, chiosa Lomonte. Perché diversamente, se tali tre caratteristiche perdono il loro coesistere, “rimarrà solo costruzione, ingegneria o struttura”.
Nella chiesa madre di Altofonte si è registrato un mirabile lavoro di squadra, reso anche possibile dall’impresa appaltatrice delle opere (GFP Restauri di Francesco Raccuglia con il geometra Giuseppe Alotta nell’incarico di coordinatore dei lavori) e di artigiani di vaglia, al nome di Ciaccio, Costa, De Luca, Levantino, Lucia, Gelardi e altri. Un ruolo delicato è stato svolto dalla Ditta Lo Cicero Marmi, che ha garantito la scelta di pietre eccellenti ed una lavorazione artigianale molto accurata.
L’altare marmoreo è stato composto affinché evocasse il detto di Sant’Ambrogio “che cos’è l’Altare di Cristo se non l’immagine del Corpo di Cristo?”, insieme alla nuova pavimentazione, resa coerente con lo stile barocco ed i marmi policromi originari. Nella nicchia che fa da fondale al fonte battesimale barocco, Luca Crivello, giovane pittore talentuoso, ha affrescato un angelo che annunzia la Risurrezione.
Prevista altresì, compatibilmente con le risorse messe a disposizione dai fedeli (don Nino La Versa ha potuto davvero raccogliere la sensibilità della comunità locale nell’opera di ristrutturazione che ci si appresta a inaugurare e presentare) la posa di un ambone e di un candelabro pasquale che, simbolicamente, rappresentano la luce della Risurrezione.
Nell’opera di ristrutturazione di ogni chiesa (e nell’arte sacra tout court), tre le funzioni che Ciro Lomonte individua, una delle quali di matrice assolutamente “non religiosa”: “dare gloria a Dio, servire al meglio la celebrazione dei sacramenti ed essere un libro aperto per i laici”.
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