Palermo

Omicidio Aldo Naro in discoteca, la protesta e l’allarme della famiglia “rischio prescrizione, diserteremo le udienze”

Intollerabile lentezza della giustizia e rischio prescrizione dei reati che hanno portato alla rissa e alla morte di Aldo Naro, il giovane medico ucciso a calci e pugni nel 2015. E’ la denuncia della famiglia che, da oggi, diserterà polemicamente le udienze.

Sette anni di processo

I genitori e la sorella di Aldo Naro, il giovane medico di San Cataldo (Caltanissetta) ucciso nella discoteca Goa di Palermo il 14 febbraio 2015, non parteciperanno più alle udienze del processo che si tiene a Palermo e che vede imputati per rissa aggravata e favoreggiamento alcuni buttafuori e il proprietario della stessa discoteca.

“In sette anni – affermano in una nota – non abbiamo mai perso una sola udienza. Siamo sempre stati presenti. Ma adesso basta! Non è tollerabile che un processo del genere possa trascinarsi stancamente per un così lungo periodo di tempo. Siamo ancora in primo grado e con ogni probabilità i reati cadranno in prescrizione”.

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Il generale polemizza con le scelte dei giudici

“La nostra pazienza – continuano il generale dei Carabinieri Rosario Naro, la moglie Anna Maria Ferrara e la figlia Maria Chiara – è stata messa a durissima prova: rinvii troppo lunghi tra un’udienza e l’altra, ripetute assenze di testimoni, continui forfait da parte di consulenti tecnici di parte senza che sia mai stato disposto il loro accompagnamento coattivo. E come se non bastasse, la mancata nomina dei periti per la trascrizione delle intercettazioni fino allo scorso luglio”.

Una scelta sofferta ma ragionata

La famiglia Naro chiarisce che “si tratta di scelta sofferta ma ragionata: questa estenuante e logorante lentezza mortifica ogni giorno di più le nostre attese di giustizia e la nostra fiducia nelle istituzioni. È uno sfregio alla memoria di Aldo e al nostro immenso dolore. Siamo sicuri che le migliaia di persone che da ogni parte d’Italia, attraverso i canali social, seguono la vicenda di Aldo, comprendano il motivo del nostro gesto”. E concludono: “Il nostro è un grido di protesta, non certo un atto di resa. Andremo avanti fino all’ultimo respiro, ogni giorno più combattivi. Lo dobbiamo a nostro figlio. Per queste ragioni, d’ora in poi parteciperemo soltanto alle udienze del processo per omicidio appena iniziato in Corte d’assise. Questo processo, su cui riponiamo le nostre speranze, rappresenta il frutto tangibile della difficile battaglia giudiziaria che abbiamo condotto in questi anni insieme ai nostri avvocati Salvatore Falzone e Antonino Falzone”. Il processo per omicidio riprenderà il 18 ottobre.

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