Una fiaccolata ricorderà a Terrasini, nel Palermitano, il terribile omicidio di Paolo La Rosa, il giovane 20enne di Cinisi. Fu ucciso al culmine di un diverbio davanti ad un locale notturno Terrasinese la notte del 27 febbraio del 2020. A distanza di tre anni si mobilita la famiglia per tenere vivo il ricordo ma soprattutto per tornare a chiedere giustizia.

L’appuntamento

Appuntamento alle 17,30 del prossimo 27 febbraio in chiesa Madre a Terrasini. A conclusione della celebrazione si formerà un corteo per una fiaccolata che raggiungerà a piedi piazza Titì Consiglio, dove avvenne l’omicidio di Paolo. Qui oltretutto insiste una installazione in memoria del giovane. La famiglia di Paolo non si è mai stancata di chiedere giustizia per il figlio. Nel processo in primo grado l’unico imputato, Pietro Alberto Mulè, ha avuto 16 anni. Troppo pochi secondo i familiari.

Un omicidio non può avere nessuno sconto

Per l’occasione gli organizzatori della fiaccolata, amici, parenti e conoscenti della famiglia, hanno voluto pubblicare una lettera aperta. “Non è ammissibile che a tre anni dall’omicidio – si legge -, questa famiglia debba patire in questo modo, quando invece crede e investe nella giustizia. Chiedendo soltanto che chi si sta occupando del caso, li aiuti a dimostrare, soprattutto ai giovani, che un omicidio non può avere alcun attenuante, nessuno sconto”.

La sentenza

Nel marzo dello scorso anno fu emessa la sentenza nei confronti di Pietro Alberto Mulè. Scoppiarono in lacrime i familiari della giovane vittima nell’aula bunker di Palermo. All’imputato è stata esclusa l’aggravante dell’omicidio per futili motivi e questo gli ha permesso in qualche modo di usufruire di una sorta di abbreviato, che gli avvocati di Mulè avevano richiesto ma non ottenuto inizialmente. Ad essergli state concesse anche le attenuanti generiche.

Il fatto

Secondo i testimoni che hanno assistito al delitto, Pietro Alberto Mulè di Cinisi, all’epoca 20enne, inizialmente litigò all’interno del locale con un buttafuori. Quando stava per andare via, a notte fonda, iniziò a litigare pure con La Rosa col quale c’erano pessimi rapporti. Contrasti sorti perché alla vittima non piaceva che sua sorella fosse fidanzata con Filippo Mulè, cugino di Pietro Alberto, con cui la frequentazione era molto stretta. Dai successivi riscontri per gli inquirenti non ci furono più dubbi sul fatto che l’omicidio fosse avvenuto per mano di Pietro Alberto Mulè.

La posizione del cugino

Il cugino Filippo, 19 anni anche lui di Cinisi, è invece imputato per concorso in omicidio. Inizialmente il capo d’accusa nei suoi confronti era di rissa, dunque posizione nettamente meno grave rispetto a quella per cui è stato poi rinviato a giudizio e adesso rischia sino a 15 anni di carcere. Per il giudice, Filippo avrebbe saputo delle intenzioni del cugino con cui si accompagnava spesso e sapeva che portava sempre con sé un coltello. L’amico Rosario Namio, il terzo del gruppetto che quella notte era con Pietro Alberto Mulè, è stato invece assolto e dunque è uscito di scena dal processo.

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