Sedici anni di reclusione per Pietro Alberto Mulè per l’omicidio di Paolo La Rosa, avvenuto il 24 febbraio del 2020. Scoppiano in lacrime i familiari della giovane vittima nell’aula bunker di Palermo dove si è celebrato il processo e oggi pomeriggio è stata emessa la sentenza di primo grado. All’imputato è stata esclusa l’aggravante dell’omicidio per futili motivi e questo gli ha permesso in qualche modo di usufruire di una sorta di abbreviato, che gli avvocati di Mulè avevano richiesto ma non ottenuto lo scorso anno. Ad essergli state concesse anche le attenuanti generiche.

Le motivazioni tra 90 giorni

Le motivazioni saranno depositate tra 90 giorni. “Restiamo attoniti – afferma l’avvocato della famiglia di Paolo La Rosa, Michele Palazzotto –, aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza per poterci esprimere”. L’omicidio si consumò in piazza Titì Consiglio a Terrasini, di fronte ad un locale notturno. Pietro Alberto Mulè uscì un coltello e colpì a morte La Rosa.

La zia: “Questo non è un paese di giustizia”

Amareggiata e sconfortata la famiglia della vittima: “Tutto ciò che chiedevamo – afferma la zia di Paolo La Rosa, Maria Grazia Lo Cricchio – era l’ergastolo. La pena massima prevista per chi pone volontariamente fine alla vita altrui, per chi uccide a sangue freddo, per chi infierisce senza motivo e in modo subdolo, senza nemmeno darti modo di difenderti. Fine pena mai per chi ha inferto la pena massima a te e a tutti noi! Ma questo non è un paese giusto, questo non è un paese di giustizia. Oggi il tempio della giustizia si è trasformato nella più squallida delle realtà, e siamo morti, ancora una volta. Solo 16 anni non è certo ciò che ci aspettavamo! Davvero 16 anni vale una vita? Ma noi non ci arrenderemo! Perché se è vero che non ti riporterà mai indietro, la tua anima e le nostre meritano una giusta pace”.

Il fatto

Secondo i testimoni che hanno assistito al delitto, Pietro Alberto Mulè di Cinisi, all’epoca 20enne, dopo avere litigato all’interno del locale con un buttafuori, quando stava per andare via, a notte fonda, iniziò a litigare pure con La Rosa col quale c’erano pessimi rapporti. Contrasti sorti perché alla vittima non piaceva che sua sorella fosse fidanzata con Filippo Mulè, cugino di Pietro Alberto, con cui la frequentazione era molto stretta. Dai successivi riscontri per gli inquirenti non ci furono più dubbi sul fatto che l’omicidio fosse avvenuto per mano di Pietro Alberto Mulè.

La posizione del cugino

Il cugino Filippo, 19 anni anche lui di Cinisi, è invece imputato in abbreviato per concorso in omicidio. Inizialmente il capo d’accusa nei suoi confronti era di rissa, dunque posizione nettamente meno grave rispetto a quella per cui è stato poi rinviato a giudizio e adesso rischia sino a 15 anni di carcere. Per il giudice, Filippo avrebbe saputo delle intenzioni del cugino con cui si accompagnava spesso e sapeva che portava sempre con sé un coltello. L’amico Rosario Namio, il terzo del gruppetto che quella notte era con Pietro Alberto Mulè, è stato invece assolto e dunque è uscito di scena dal processo.

Articoli correlati