La Regione Siciliana, nell’udienza fissata per il 15 novembre, chiederà al Tribunale di Palermo di costituirsi parte civile nel processo per l’omicidio del sindacalista Mico Geraci, ucciso dalla mafia l’8 ottobre 1998 a Caccamo, in provincia di Palermo. Lo ha deliberato il governo regionale nel corso della seduta di giunta di questo pomeriggio.

“Il coraggio e l’impegno che Geraci dimostrò nell’opporsi alla criminalità organizzata e in difesa dei lavoratori – dichiara il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani – lo rendono una figura esemplare per tutti i siciliani. Per questo, riteniamo doveroso essere pienamente partecipi di questo percorso che, finalmente, dopo 26 anni porterà a fare giustizia e arrivare alla verità».

Chi era Mico Geraci

Da sindacalista che aspirava a diventare sindaco di Caccamo, Mico Geraci non aveva esitato a mettersi contro Cosa nostra, tanto che, secondo i boss, “era uscito pazzo” e “aveva superato ogni limite”. E proprio per questo, la sera dell’8 ottobre del 1998, era stato assassinato mentre tornava a casa. Mandanti di quel delitto sarebbero i fratelli Pietro e Salvatore Rinella, a capo della cosca di Trabia, arrestati a marzo scorso e per i quali adesso la Procura ha chiuso le indagini e si appresta a chiedere il rinvio a giudizio.

La mafia

Che la matrice dell’omicidio fosse mafiosa è stato sempre chiaro, ma per anni – esattamente 26 – non si era riusciti a chiudere il cerchio. Grazie alle dichiarazioni più recenti di diversi collaboratori di giustizia – Emanuele Cecala, Andrea Lombardo e Massimiliano Restivo – il procuratore aggiunto Marzia Sabella e i sostituti Giovanni Antoci e Bruno Brucoli sono finalmente riusciti a individuare chi quel delitto – che “era una cosa che interessava a Bernardo Provenzano” – lo avrebbe ordinato, cioè i Rinella. Gli esecutori materiali dell’omicidio del sindacalista – sempre secondo i pentiti – sarebbero stati Filippo Lo Coco e Antonino Canu, che però furono eliminati a loro volta.

 

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