I pm Enrico Bologna e Felice De Benedittis hanno chiesto la condanna a 25 anni per Damiano Torrente, 48 anni, pescatore dell’Acquasanta, accusato di avere ucciso Ruxandra Vesco nel 2015 e di essersi disfatto del corpo gettandolo da Monte Pellegrino.
La donna, originaria di Alcamo e figlia adottiva di una coppia, aveva 38 anni, sarebbe stata denunciata anche per diverse truffe seriali.
Il 14 dicembre toccherà alla difesa, depositata perizia psichiatrica
Il prossimo 14 dicembre sarà la volta dell’avvocato Alessandro Musso che difende Torrente.
“E’ stata depositata una perizia psichiatrica che certifica che il mio assistito non sia stato lui ad uccidere la donna. E’ una storia che avrà sentito e che gli è stata raccontata. Il mio assistito ha un disturbo narcisistico che lo porta a raccontare fatti che non sono mai esistiti senza neppure considerare le conseguenze di quanto racconta – afferma il legale – Quello che si sta celebrando è un processo complesso, per la corte non sarà semplice emettere il verdetto. Non c’è un movente. Nel corso del dibattimento non è emerso che sia stato il mio assistito ad uccidere la donna. L’uomo in questi anni ha raccontato tante storie, molte delle quali non sono risultate vere”.
L’uomo si era accusato di 11 omicidi
L’uomo in passato si era accusato di 11 omicidi, poi non era stato trovato nessun riscontro su questi delitti. Alla fine fu Torrente a trovare i resti ossei della vittima. Prima una confessione del delitto per liberarsi della donna diventata troppo opprimente e minacciosa, poi la ritrattazione. Adesso si professa innocente. Da chiarire come il pescatore sapesse del corpo in quella zona dopo cinque anni dal delitto.
Da chiarire diversi punti oscuri
I carabinieri e i vigili del fuoco lo scorso agosto hanno recuperato un teschio, alcune ossa, dei brandelli di vestiti e una protesi portata dalla donna.
Anche da chiarire se Ruxandra e il pescatore si conoscessero veramente. Agli inquirenti il pescatore aveva raccontato una prima verità poi una seconda anche questa ritrattata. Il primo a raccogliere la confessione del pescatore fu padre Giovanni Cassata, parroco della chiesa ‘Nostra Signora della consolazione’ di via Dei Cantieri. “Padre io brucio all’inferno”, disse. Il sacerdote gli consigliò l’unica strada possibile: costituirsi. E così fece.
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