Il Consiglio di amministrazione dell’Opera Pia Cardinale Ernesto Ruffini rende noto che “vengono corrisposti in queste ore, in anticipo sui tempi precedentemente comunicati e grazie a uno sforzo straordinario dell’Arcivescovo di Palermo Mons.cCorrado Lorefice, i primi stipendi arretrati attesi dai 42 ex dipendenti dell’Opera Pia “Cardinale Ernesto Ruffini”: si tratta della mensilità di dicembre 2016 e della Tredicesima per lo stesso anno; a queste si aggiunge un cospicuo anticipo sull’intera annualità per il 2017″.

“Il risultato raggiunto – prosegue la nota – è frutto dell’impegno costante dell’Arcivescovo – che segue tutte le fasi conseguenti alla cessazione dei servizi erogati dall’Ente – e del Consiglio di Amministrazione dell’Opera Pia che lavora al reperimento di tutte le risorse necessarie a liquidare, nel più breve tempo possibile, gli stipendi attesi dagli ex dipendenti e tutte le spettanze residue ai diversi fornitori.
La cessazione delle attività e dei servizi offerti dall’Opera Pia è – come lo stesso Monsignor Corrado Lorefice ha sottolineato più volte – una decisione sofferta ma obbligata a seguito del mancato accoglimento delle soluzioni prospettate dal Cda nell’ottobre dello scorso anno ai dipendenti dell’Ente e alle rappresentanze sindacali.

La grave situazione finanziaria, gestionale e umana dell’Opera Pia (fino a tre anni fa con un organico di 49 dipendenti a tempo indeterminato, dei quali pochi assunti tramite concorso pubblico), è stata affrontata dall’Arcivescovo di Palermo fin dal suo insediamento, nel dicembre del 2015; già dal primo semestre del 2016 il nuovo Cda ha intrapreso, con molte difficoltà, una rigorosa e cristallina gestione, nonostante l’aggravarsi di contingenze esterne costituite essenzialmente dal taglio radicale dei contributi regionali alle Opere Pie e dal mancato recepimento, da parte della Regione Siciliana, della riforma delle IPAB, già vigente nel resto d’Italia da ben diciassette anni”.

“Il grave stato di crisi dell’Ente – dice ancora il Consiglio di amministrazione – non ha consentito più, ad un certo punto, di assicurare il regolare pagamento degli stipendi, nonostante un intervento diretto – a titolo personale – nel dicembre del 2016 da parte dell’Arcivescovo per assicurare almeno la corresponsione di uno stipendio. Per più di un anno si sono succeduti incontri con le rappresentanze sindacali e i lavoratori; si è perfino tenuto un tavolo presso la Prefettura e tutte le istituzioni coinvolte hanno condiviso la linea e il percorso intrapreso dal Consiglio di Amministrazione, che ha operato in ossequio alle sentenze della magistratura che hanno sancito la natura privatistica dell’Opera Pia. Nel luglio 2017 l’istituto di credito Tesoriere (Monte dei Paschi di Siena), ha deciso di bloccare l’anticipazione di cassa a causa degli ingenti e strutturali disavanzi maturati anno per anno, e di porre quale precondizione per la ripresa dei rapporti finanziari l’equilibrio di bilancio.
L’azione di risanamento del bilancio, come già prospettato da molti mesi alle parti sociali e ai lavoratori, poteva sostanziarsi unicamente con la accettabile riduzione proporzionale dell’orario di lavoro dei dipendenti (sei ore settimanali su trentasei, per un solo biennio), che non modificava in alcun modo la natura del contratto – fino al sopraggiungere dei primi pensionamenti – garantendo altresì un numero di retribuzioni congrue, con l’impegno di erogare le retribuzioni residue in seguito al riequilibrio finanziario. Una soluzione, questa, non accolta e anzi osteggiata dalla maggior parte dei lavoratori e dalle organizzazioni sindacali, nonostante il forte e accorato appello dell’Arcivescovo affinché si riuscisse a condividere un nuovo modo di proseguire le attività dell’Ente. Si è così arrivati alla dolorosa soluzione della chiusura dei servizi con il conseguente avvio del licenziamento collettivo.
L’Opera Pia non si estinguerà ma continuerà nello spirito della propria missione sociale – questo è l’impegno garantito dal Cda – ad essere presente a servizio della città di Palermo”.

“Ai lavoratori dell’opera Pia ‘Ernesto Ruffini’ è pervenuta una incomprensibile lettera di licenziamento che li butta per strada dalla sera alla mattina. Dal punto di vista politico, e soprattutto giuridico, il licenziamento in parola è un atto nullo. L’opera Pia non è un’associazione “no profit” che, quando va male, chiude i battenti punto e basta, magari restituendo il patrimonio agli associati. Non siamo neanche in presenza di una persona giuridica privata, ma di un vero e proprio ente pubblico, soggetto al diritto amministrativo e non al diritto privato”. E’ la denuncia del segretario politico dei ‘Siciliani liberi’, Ciro Lomonte.

Gli indipendentisti lanciano un appello all’Assemblea regionale siciliana. “In questi giorni alcuni deputati regionali, come Marianna Caronia, Vincenzo Figuccia, e non solo, hanno lamentato giustamente come assurda la ‘procedura d’urgenza’ per riformare la legge elettorale – afferma Lomonte – Ecco una vera urgenza. Presentiamo una legge di uno o due articoli che consenta alla Regione, quando una Ipab compie atti illegittimi per un ente pubblico, di surrogarsi ad essa nominando un commissario ad acta che revochi, per conto dell’ente, il provvedimento illegittimo. Più urgente di così. La legge è a costo zero, perché si tratta solo di revocare un provvedimento amministrativo illegittimo (in questo caso il licenziamento, ma la legge avrà portata generale) e non di istituire nuova spesa pubblica. Siamo certi che il nostro appello all’Ars non cadrà nel vuoto”.

Lomonte sottolinea che l’opera Pia non è una “fondazione”. “Non posso credere che l’arcivescovo sia circondato da persone talmente incompetenti da non farglielo sapere – prosegue – Quando una Ipab non ha più condizioni economiche di sostenibilità (su questo bisognerebbe indagare, peraltro) la normativa, in particolare quella regionale, dispone l’assorbimento della stessa, con funzioni, patrimonio e personale, agli enti locali, e in particolare ai comuni di riferimento. Negli anni, ad esempio, il comune di Palermo, ha assorbito diverse Ipab spesso antiche opere pie secolari, che persino l’Unità d’Italia aveva risparmiato dal suo furore distruggitore (sia pure sottomettendole allo Stato e trasformandole, appunto, in enti pubblici). Tra queste, a solo titolo d’esempio, il Collegio San Rocco, la cui sede oggi è occupata da Scienze Politiche. Non ci risulta che, in questi anni, in tutti questi casi, gli enti siano sopravvissuti tenendosi stretto il patrimonio e licenziando i dipendenti; cosa particolarmente odiosa vista la finalità etica di queste istituzioni”.

Per Lomonte inoltre “la decisione di licenziare i dipendenti, oltre che illegittima, è anche antieconomica”. “L’Ente, infatti, ha un patrimonio immobiliare di milioni di euro, sufficiente a mantenere gli attuali 42 dipendenti per lo meno da oggi alla pensione – osserva il segretario politico di ‘Siciliani liberi’ – Il Comune, quando l’ente fosse sciolto e affidato a questo, potrebbe mettere a profitto questo patrimonio in modo da assorbire questa manodopera a costo zero. Del resto il Comune ha ogni anno un certo numero di pensionamenti. Se la spesa aggiuntiva per mantenere questo organico extra, per qualche anno appena, viene considerata una spesa straordinaria, e quindi in conto capitale, questa potrebbe benissimo essere coperta anche soltanto da qualche entrata in conto capitale data dalla vendita di qualche unità patrimoniale superflua. La scelta, quindi, appare anche antieconomica dal punto di vista dell’interesse pubblico”.