Operazione antimafia a Palermo nel mandamento che fu il regno incontrastato di Salvatore e Sandro Lo Piccolo. Un colpo a uno dei mandamenti chiave nella gestione del potere mafioso nel capoluogo siciliano.
I carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari emessa dal gip del Tribunale, su richiesta Dda, nei confronti di 10 indagati (9 in carcere e 1 ai domiciliari), accusati a vario titolo responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate, furto aggravato, violazione delle prescrizioni imposte dalle misure preventive.
L’operazione Teneo coordinata da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca rappresenta un nuovo colpo nei confronti del mandamento mafioso di Palermo di San Lorenzo e Tommaso Natale. Finisce di nuovo in carcere Giulio Caporrimo, uscito dal carcere nel 2019 e che avrebbe ripreso il controllo del mandamenti. L’indagine è la prosecuzione delle operazioni “Oscar” (2011), “Apocalisse” (2014) e “Talea” (2017) che avevano portato in carcere capi e gregari del mandamento con Francesco Paolo Liga (figlio dello storico boss Salvatore Liga, detto “u Tatenuddu”), poi affiancato, a partire dalla sua scarcerazione avvenuta nell’ottobre 2015, da Giuseppe Biondino (figlio di Salvatore, l’autista di Totò Riina), arrestato di nuovo nel gennaio 2018.
GLI ARRESTATI
Ecco gli arrestati nell’operazione Teneo dei carabinieri del comando provinciale. In carcere sono finiti Vincenzo Billeci, 51 anni, Andrea Bruno, 52 anni, Giulio Caporrimo, 51 anni, Francesco Di Noto, 31 anni, Andrea Gioé, 52 anni, Baldassarre Migliore, 53 anni, Vincenzo Taormina, 48 anni, ai domiciliari, Giuseppe Enea, 30 anni. Già detenuti Francesco Paolo Liga, 56 anni e Nunzio Serio, 43 anni.
L’operazione “Teneo”, prosecuzione dell’indagine “Talea”, prende il via dal controllo delle attività di Vincenzo Taormina, imprenditore del settore movimento terra particolarmente ritenuto vicino a Francesco Paolo Liga reggente non sempre ben visto dagli affiliati che riponevano grandi aspettative per un rinnovato potenziamento di cosa nostra nella scarcerazione nel febbraio 2017 di Giulio Caporrimo e poi di Nunzio Serio e di altri affiliati arrestati nell’operazione “Oscar”. I due erano venerato e ossequiati per la capacità di comando, il carisma e l’influenza nella dinamiche mafiose (“cento carati…” e “l’hai sentita la buona notizia? E’ uscito Giulio, è uscito”).
In effetti, gli equilibri mafiosi si spostavano immediatamente in favore dello stesso Giulio Caporrimo e di Nunzio Serio , con un evidentemente ridimensionamento di Francesco Paolo Liga, senza che venisse comunque esautorato.
La libertà d’azione di Caporrimo durava 7 mesi circa poiché, nel mese di settembre 2017, era destinatario di un nuovo provvedimento restrittivo; da quel momento in poi, le redini del mandamento mafioso venivano prese da Nunzio Serio, sino al suo arresto avvenuto nel maggio 2018. Proprio in quel mese, il 29 maggio, si riuniva per la prima volta dopo l’arresto di Salvatore Riina, la ricostituita commissione provinciale di cosa nostra palermitana, a cui partecipava Calogero Lo Piccolo, nuovo rappresentante del mandamento di Tommaso Natale, poi tratto in arresto nel gennaio 2019 con il seguito dell’operazione “Cupola 2.0”, nel corso della quale venivano tratti in arresto ben 6 capi mandamento, tutti promotori e protagonisti del nuovo progetto di ristrutturazione dell’organizzazione criminale, compreso Settimo Mineo che avrebbe dovuto assumere la carica di vertice provinciale.
INTERCETTAZIONI E MICROSPIE
Nel corso delle indagini le telecamere e le microspie dei carabinieri immortalavano diversi incontri tra Caporrimo e Serio avvenuti, in alcune occasioni, anche al largo delle coste palermitane, sui rispettivi gommoni. Le microspie registravano uno spaccato anche pittoresco della vicenda, nel momento in cui il primo lamentava uno scadimento sempre maggiore dei costumi del luogo per la presenza delle moto d’acqua che scorrazzavano nei pressi dei bagnanti di Sferracavallo. Il capomafia raccontava di essere intervenuto personalmente nei confronti di alcuni utilizzatori delle moto d‘acqua, originari dei quartieri di Brancaccio e di Pagliarelli, i quali, riconoscendolo, avevano tenuto un comportamento remissivo, tanto da essersi di seguito spostati sulla zona di Mondello, dall’altro lato della riserva di Capo Gallo, perché a Sferracavallo “c’era lo zio in porto”.
Caporrimo e Serio si avvalevano per la gestione materiale ed esecutiva delle diverse attività illecite di diversi soggetti, tra cui Andrea Gioè (già arrestato per mafia e attuale referente per il quartiere di Sferracavallo), Andrea Bruno (già arrestato per mafia e attuale referente per il quartiere Marinella), Vincenzo Taormina, Vincenzo Billeci, Francesco Di Noto(già arrestato nell’operazione “Talea”) e Giuseppe Enea.
IMPRENDITORI DENUNCIANO IL PIZZO: ECCO LE ESTORSIONI AI CANTIERI EDILI
Due imprenditori hanno denunciato il pizzo e i carabinieri hanno ricostruito 7 estorsioni consumate o tentate di cui 2 denunciate spontaneamente dalle vittime.
Tra questi il tentativo di Vincenzo Taormina, con la complicità di Francesco Di Noto, di imporre la fornitura di scarrabili e di sabbia a un imprenditore edile, per poi costringerlo al pagamento di un’estorsione di 1000 euro per i lavori di ristrutturazione di uno stabile a Sferracavallo.
Una tentata estorsione di Francesco Paolo Liga e di Vincenzo Taormina nei confronti di un altro imprenditore edile affinché affidasse a un soggetto a loro vicino la realizzazione degli impianti di condizionamento all’interno di un cantiere aperto in via Partanna Mondello di Palermo. Una seconda estorsione condotta da Francesco Paolo Liga e da Vincenzo Taormina ai danni di un imprenditore edile, la cui impresa era impegnata in lavori di ristrutturazione all’interno di un residence ubicato in via Tommaso Natale, con la complicità e la mediazione del relativo portiere, Giuseppe Enea. Ancora un’altra estorsione commessa da Andrea Bruno che costringeva un imprenditore edile a rinunciare ai lavori di ristrutturazione di un immobile, nella zona della Marinella di Palermo, che poi venivano assegnati a una ditta a lui riconducibile.
Il tentativo di Baldassare Migliore, imprenditore edile ed esponente della famiglia mafiosa di Passo di Rigano di bloccare l’avvio dei lavori di scavo nella zona di via Michelangelo di Palermo da parte di una ditta edile, il cui titolare avrebbe dovuto cercare dapprima un contatto con gli esponenti mafiosi del territorio per la cosiddetta “messa a posto”. Infine il furto aggravato commesso da Vincenzo Taormina, quale forma di avvertimento e di intimidazione mafiosa, di un cassone scarrabile collocato dalla vittima in via Plauto, sulla pubblica strada e un’altra estorsione commessa da Vincenzo Taormina ai danni di un imprenditore edile, la cui impresa aveva aperto un cantiere in via Porta di Mare di Palermo.
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