• Operazione antimafia al Borgo Vecchio Resilienza 2
  • Dodici arrestati nella notte dai carabinieri del comando provinciale
  • I boss controllavano la festa rionale gli ultras allo stadio e lo spaccio di droga

Nuovo colpo alla famiglia mafiosa del Borgo Vecchio a Palermo. Questa mattina, su delega della Dda, i carabinieri del comando provinciale hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, del gip, nei confronti di 15 indagati, uno in carcere, 12 ai domiciliari e 2 obblighi di presentazione alla pg, accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, traffico di sostanze stupefacenti, furti, ricettazione ed estorsioni consumate e tentate, tutti reati aggravati dal metodo mafioso e sfruttamento della prostituzione.

L’indagine, coordinata da un gruppo di pm diretti dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, denominata Resilienza 2 costituisce il prosieguo dell’indagine che aveva portato lo scorso 12 ottobre al fermo del presunto nuovo reggente della famiglia mafiosa Angelo Monti, il quale, secondo le indagini dei carabinieri del nucleo operativo, si era reso protagonista della riorganizzazione degli assetti di quella articolazione mafiosa, affidando posizioni direttive ai suoi uomini di fiducia, individuati nel fratello Girolamo Monti, in Giuseppe Gambino, in Salvatore Guarino e in Jari Massimiliano Ingarao. Nel corso della prima indagine era emersa la ribellione al pizzo di molti imprenditori e commercianti locali che, in maniera massiccia, avevano collaborato con le Autorità e contribuito a far arrestare i loro estorsori.

Nel secondo troncone dell’indagine, emerge il controllo capillare del territorio e l’aggressività della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio. I mafiosi, in sostanza, continuano a rivendicare, con resilienza, una specifica “funzione sociale”, attraverso alcune manifestazioni tipiche come la gestione delle feste rionali, nell’organizzazione dei traffici di stupefacenti (funzionali a rimpinguare la cassa del sodalizio); e nella gestione di alcuni gruppi criminali dediti ai furti di veicoli e ai conseguenti cavalli di ritorno, anch’essi funzionali ad alimentare le casse della consorteria. Nel corso delle indagini è emerso un contesto ambientale di ingerenze di esponenti mafiosi palermitani nella risoluzione di alcune controversie sorte all’interno dei gruppi organizzati della tifoseria della locale squadra di calcio.

La festa in onore di madre Sant’Anna

L’operazione Resilienza 2 ha inoltre documentato come la famiglia mafiosa di Borgo Vecchio abbia il pieno controllo del comitato organizzatore della festa in onore della patrona del quartiere “Madre Sant’Anna” organizzata nel mese di luglio di ogni anno, il cui culto risale al lontano 1555. A portare avanti la tradizione religiosa sono le famiglie del quartiere; infatti, i portatori della statua della Santa sono tutti nativi di Borgo Vecchio, tanto che molti, in segno di rispetto a Sant’Anna, hanno chiamato i propri figli Anna e Gioacchino, e molti altri si sono sposati il 26 luglio, giorno in cui si celebra l’onomastico della santa protettrice.

Sino a luglio 2015, il “comitato” era guidato dalla famiglia Tantillo e, in particolare, dai fratelli Domenico e Giuseppe Tantillo che, nel dicembre 2015, sono stati arrestati nell’operazione “Panta Rei”, accusati di essere i reggenti della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio.

In occasione della festa dal 25 al 27 luglio del 2019, le serate canore, animate da alcuni cantanti neomelodici, venivano organizzate da un comitato che, di fatto, era controllato da cosa nostra.

I mafiosi, infatti, sceglievano e ingaggiavano i cantanti e, attraverso le cosiddette “riffe” settimanali, raccoglievano le somme di denaro tra i commercianti del quartiere. Tali somme venivano impiegate, oltre che per l’organizzazione della festa e l’ingaggio dei cantanti, anche per rimpinguare la cassa della famiglia mafiosa ed essere, in tal modo, utilizzate per il sostentamento dei carcerati e per la gestione di ulteriori traffici illeciti.

Le indagini consentivano, infatti, di documentare l’attivismo degli esponenti ai vertici della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, i quali, avendo il pieno controllo del comitato organizzatore della festa patronale. Erano loro a decidere quali cantanti neomelodici dovessero partecipare alla manifestazione. Provvedevano al loro ingaggio mediante il denaro ricavato dalle estorsioni, dalle “riffe” e dalle sponsorizzazioni dei gestori e titolari delle attività commerciali ubicate sul territorio. Autorizzavano i commercianti ambulanti a vendere i loro prodotti durante la festa, disciplinando anche la loro collocazione lungo le strade del rione.

Un ruolo di primo piano, funzionale alla realizzazione dei progetti dell’associazione mafiosa, è stato assunto da Salvatore Buongiorno, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, agente di numerosi cantanti neomelodici. E’ lui che avrebbe ricevuto disposizioni da Angelo Monti e Jari Massimiliano Ingarao per l’ingaggio dei cantanti neomelodici scelti dai predetti per le manifestazioni canore, attenendosi alle indicazioni dei mafiosi sui nominativi dei cantanti, sui rispettivi compensi e sul luogo ove allocare il palco delle manifestazioni. Sempre Buongiorno avrebbe avvicinato i gestori e titolari delle attività commerciali del quartiere Borgo Vecchio e del Corso Camillo Finocchiaro Aprile, già “Corso Olivuzza”,, chiedendo loro di sponsorizzare le manifestazioni canore mediante il pagamento di somme di denaro. Infine avrebbe ricevuto, il vantaggio di lavorare nel settore in regime di monopolio all’interno della zona di riferimento del mandamento mafioso di Palermo Porta Nuova, poiché autorizzato dai relativi esponenti apicali mafiosi, quali Tommaso Lo Presti, i fratelli Gregorio e Tommaso Di Giovanni e Angelo Monti.

In tale contesto risulta particolarmente significativa la vicenda inerente le relazioni dei mafiosi di Borgo Vecchio con un neomelodico catanese (legato da vincoli di parentela ad importanti esponenti apicali di quella criminalità organizzata), in solidi rapporti con Jari Ingarao tanto da fargli visita presso la sua abitazione mentre questi era sottoposto alla misura degli arresti domiciliari.

Nello specifico, il cantante avrebbe dovuto esibirsi nel corso di una delle suddette serate, ma l’evento non si realizza a causa di polemiche susseguenti alla messa in onda, il 5 giugno 2019, di un noto programma televisivo, nel corso del quale venivano espressi commenti “infelici” sul conto dei giudici Falcone e Borsellino. L’intera vicenda e alcune successive esternazioni di vicinanza ad esponenti della criminalità organizzata, provocava una serie di divieti di esibizione nei confronti del cantante, emessi dalle competenti autorità.

Il traffico di stupefacenti

Le indagini hanno anche dimostrato che la famiglia mafiosa di Borgo Vecchio ha organizzato un florido traffico di sostanze stupefacenti. Dal complesso delle investigazioni emergono i ruoli dei singoli associati, i dettagli organizzativi, la contabilizzazione degli investimenti e dei ricavi, nonché l’afflusso di denaro nella cassa della famiglia mafiosa. Angelo Monti aveva delegato al nipote Jari Massimiliano Ingarao l’intero settore delle attività illecite legate alle sostanze stupefacenti. Quest’ultimo, nonostante fosse sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, avrebbe organizzato e coordinato tutte le attività funzionali al traffico, trovando le sostanze stupefacenti, attraverso i corrieri con la Campania, e a rifornire le varie piazze di spaccio del quartiere, delegando, a seconda dei ruoli, i fratelli Gabriele e Danilo, Marilena Torregrossa, Carmelo Cangemi, Francesco Paolo Cinà, Saverio D’Amico, Davide Di Salvo, Giuseppe Pietro Colantonio, Salvatore La Vardera, Francesco Mezzatesta, Giuseppe D’Angelo, Nicolò Di Michele, Gaspare Giardina, Gianluca Altieri e Vincenzo Marino.

I furti e le estorsioni con il cavallo di ritorno

Infine, l’operazione ha permesso di evidenziare la capacità di controllo capillare del territorio da parte degli affiliati su qualsiasi attività illecita nel quartiere di Borgo Vecchio. Non fanno eccezione i ladri di biciclette o di motocicli i quali, oltre ad essere assoggettati alla “prevista” autorizzazione, devono anche destinare al sodalizio mafioso parte dei proventi della ricettazione o della restituzione ai legittimi proprietari con il cosiddetto metodo del “cavallo di ritorno”. Le indagini hanno fatto emergere un’autonoma organizzazione criminale specializzata nei furti, completamente asservita a cosa nostra.

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