Il loro nome di battaglia era Arabzone 90133. Zona araba con il Cap del centro storico di Palermo e i luoghi della movida, dove una banda di magrebini e italiani aggrediva con violenza e rapinavano le vittime prese di mira. Il branco alimentava il proprio potere e predominio con i profili social su Tik Tok, Youtube e Instagram con quasi mille e cinquecento follower.

Nei weekend la zona attorno a via Maqueda si sentivano i padroni tanto che hanno aggredito, picchiato e rapinato un poliziotto libero da servizio che era intervenuto per proteggere alcune coppie prese di mira dal branco e un disabile in carrozzina. In quell’occasione il poliziotto sparò alcuni colpi di pistola in aria.

Sono 11 le persone, sei maggiorenni e cinque minorenni, raggiunte da un provvedimento cautelare del gip di Palermo ed eseguite dalla squadra mobile che ha condotto le indagini. Cinque sono finiti in carcere, uno ai domiciliari e i minorenni, due al Malaspina e tre in comunità. Il branco sarebbe responsabile di aggressioni, alcune violente, con bottiglie di vetro rotte e bastoni: le vittime i giovani che trascorrono le notti nei pub della zona. I pestaggi e le rapine sarebbero avvenute da gennaio al 15 giugno.

Gli indagati nell’operazione

Gli indagati nell’operazione nell’operazione ArabaZone sono: in carcere sono finiti Aziz Rabeh, 19 anni, Ayoub Latrach, 19 anni, Bablo Ali, 20 anni, Imanalah Hamraoui, 20 anni, Yassine Attia, 19 anni, Yassine Drief, 19 anni. Ai domiciliari Khalid Ndong.

Il branco, le aggressioni e Tik Tok e Instagram

Il branco controllava la zona  del centro e qui metteva in atto spedizioni punitive per affermare il loro dominio. Il centro storico era il loro campo di battaglia. Nel corso delle indagini con l’ausilio delle immagini acquisite dai sistemi di videosorveglianza, sono stati raccolti una serie di prove contro il gruppo composto da minorenni e maggiorenni, stranieri ed un italiano che si sarebbero resi responsabili, a vario titolo, di lesioni aggravate, percosse, minacce, resistenza ai danni di un poliziotto, libero dal servizio ed una rapina aggravata. Le persone vittime del branco hanno riconosciuto i loro aggressori.

Il gruppo risulta molto attivo sui social network: “Tik Tok”, “You Tube” ed in particolare “Instagram”, con un profilo denominato “arabzone90133”, attraverso il quale gli stessi, confermavano di appartenere ad una banda e affermavano il proprio dominio su una fetta del centro storico. Il predetto profilo social è seguito da 1.385 follower, perlopiù minorenni, nel quale hanno pubblicano foto e video che li ritraggono, a volte con il volto coperto, nei luoghi del centro storico, teatro delle aggressioni, con didascalie che, in alcune occasioni, rimarcano il controllo del territorio ottenuto infondendo paura.

Il questore di Palermo Leopoldo Laricchia

“‘Qua rispetti chi temi mica chi ti tratta bene’ oppure ‘Certi personaggi che ci portiamo dietro sono più terribili di quelli che abbiamo dentro’. Queste sono le frasi a commento delle bravate criminali postate sui social sotto il profilo ‘Arabzone90133′”.

Lo ricostruisce il questore di Palermo, Leopoldo Laricchia, parlando dell’operazione Arab Zone che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza cautelare nei confronto di undici indagati.

“Il gruppo, o meglio il branco – aggiunge Laricchia – di giovanissimi, alcuni maggiorenni altri minorenni, prevalentemente di origine maghrebina, seconda generazione di immigrati, parte dei quali nati a Palermo, esaltavano azioni criminali come rapine, furti, aggressioni senza motivo, tutte commesse in centro intorno a via Maqueda, e tutte nei confronti di altri giovani, anche disabili, dall’inizio dell’anno fino a qualche settimana fa, quando il cerchio degli investigatori della polizia di Stato ha iniziato a stringersi attorno a loro”.

“Pretendevano, con la violenza in gruppo, di ‘controllare il territorio – spiega il questore – il loro profilo social ha più di 1.400 follower. Sottocultura alimentata probabilmente da film e serie che esaltano le gesta criminali, rabbia sociale, emarginazione, uso di stupefacenti. Molto probabilmente questo è il mix che sta facendo scivolare nel crimine le fasce più giovani ed emarginate delle nostre metropoli”.

Articoli correlati