Ha respinto ogni possibile coinvolgimento sui bilanci comunali che sono finiti nell’inchiesta della Procura di Palermo. Il sindaco non c’entra. Se colpe ci sono state, non sono a lui addebitabili. Così Leoluca Orlando si è difeso nell’ambito dell’inchiesta che lo vede indagato insieme ad altre 23 persone, fra ex assessori, dirigenti e capi area del Comune di Palermo.

Sindaco interrogato in Procura

Orlando è stato convocato per l’interrogatorio lo scorso 22 gennaio, come scrive Live Sicilia. Si è presentato accompagnato dal suo legale, l’avvocato Roberto Mangano. A convocarlo sono stati il procuratore aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Giulia Beux e Andrea Fusco.
Interrogato durante l’anno giudiziario

Lo hanno interrogato nel giorno in cui al Palazzo di giustizia si celebrava l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Orlando si è difeso facendo una netta distinzione fra il suo ruolo di guida politica e quello dei dirigenti che hanno a che fare con i bilanci.

L’inchiesta che fa tremare il Comune

Gli viene contestata l’ipotesi di falso materiale in atto pubblico. Falsi sarebbero i numeri delle entrate e delle uscite poi inserite nei bilanci approvati negli anni 2016, 2017, 2018 e 2019. Ed ecco il cuore dell’interrogatorio del sindaco: se errori sono stati commessi a monte non possono certamente essere imputati al primo cittadino.

“L’organismo politico non c’entra”

L’elaborazione dei bilanci non dipenderebbe dall’organismo politico. Nulla sapeva il sindaco, così ha ribattuto, delle operazioni contabili. Il riferimento e alle “previsione di entrate sovrastimate” se cui, secondo la Procura, si reggeva il bilancio di Palazzo delle Aquile. I dati considerati falsi sarebbero stati inseriti nelle proposte di delibera della giunta comunale di approvazione dello schema del bilancio di previsione.

Nessuna colpa, se colpe ci sono state, da parte del sindaco. Neppure nella “direttiva imperativa e vincolante” con cui Orlando dispose che le società partecipate Amat, Rap e Amap stralciassero crediti milionari vantati nei confronti del Comune e non riconosciuti da quest’ultimo. Una scelta che risponderebbe ad un “indirizzo giurisprudenziale”.

Interrogato il sindaco, adesso la Procura deve decidere nei confronti di quali indagati chiedere il rinvio a giudizio.

 

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