Negli anni più duri, la storia di Palermo è una staffetta continua sul filo della morte, un testimone passato di mano in mano, un funerale dietro l’altro, a chiedersi continuamente chi sarà la prossima vittima. Succede anche trentacinque anni fa, il 29 luglio 1983, quando un’autobomba esplosa sotto la sua casa di Palermo uccide il giudice Rocco Chinnici, l’ideatore del pool antimafia, nella prima strage mafiosa di stampo terroristico. Con il magistrato, rimangono uccisi il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile, Stefano Li Sacchi. Una storia raccontata dal documentario “Palermo come Beirut”, in onda sabato 28 luglio alle 22.10 su Rai Storia.
Uomo schivo e gentile, magistrato determinato e rigoroso, Chinnici ha attraversato la storia della Sicilia, occupandosi della strage di viale Lazio e diventando Consigliere Istruttore nel 1979, dopo la morte di Cesare Terranova. E’ lui a scegliere Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, come uomini di punta del suo pool di magistrati e a indirizzarli nel metodo investigativo che avrebbe portato all’istruttoria del maxiprocesso, nel 1985, e poi allo storico dibattimento, lungo due anni, finito con 19 ergastoli e 2665 anni di carcere per oltre 300 mafiosi.
Il racconto della vita di Chinnici si intreccia agli anni più duri di Palermo, e incontra gli uomini dello Stato che sono caduti per combattere la mafia, uno dopo l’altro, da Emanuele Basile a Pio La Torre, da Carlo Alberto Dalla Chiesa a Gaetano Costa, da Boris Giuliano a Cesare Terranova. A ricordare il giudice Chinnici, insieme alle sue interviste e le immagini di repertorio, le testimonianze della figlia Caterina Chinnici, anche lei magistrato, dell’ex Genarale dei Carabinieri Angiolo Pellegrini, e dello storico Salvatore Lupo.
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