Centinaia di manifesti affissi per le strade e continui volantinaggi nei pressi delle scuole invitano allo sciopero, frasi su striscioni affissi nei quartieri popolari reclamano servizi fondamentali ma mancanti come quello affisso dalle donne del quartiere Ballarò insieme all’associazione Handala “dove sono gli asili nido?”.

Città in fermento per l’iniziativa di Non una di Meno

Tutta la città è, dunque, in fermento per lo sciopero globale femminista e transfemminista, in occasione del quale il nodo palermitano di Non una di Meno ha lanciato un appuntamento mattutino che vedrà varie composizioni sociali e diverse realtà cittadine impegnate sulla questione di genere confluire l’8 marzo in piazza Verdi a partire dalle 9.30 per una giornata di rottura dell’ordinario e di ricomposizione della lotta contro un sistema patriarcale, sessista, capitalista e neoliberale.

“Sciopero è occasione per ribellarci contro opposizione”

“Lo sciopero femminista e transfemminista è un’occasione importante per ribellarci contro l’oppressione, per rispedire al mittente tutte le diverse forme di assoggettamento che costantemente subiamo e per mettere in collegamento le nostre diverse condizioni di vita così da costruire una forza collettiva in grado di opporsi a vittimizzazione e strumentalizzazione. Lo sciopero dell’8 marzo è un momento di sabotaggio di un sistema che vuole metterci e lasciarci ai margini, che ci sottrae giorno dopo giorno legittimità, diritti e servizi fondamentali”.

La nota continua: “A questa tendenza noi rispondiamo con un messaggio chiaro: ‘Lotto ovunque’, perché ovunque troviamo forme di sfruttamento e persecuzione. Nei posti di lavoro, fra le mura domestiche, nei nostri quartieri, nelle scuole e nelle università. Ecco che Non una di meno si rivolge alle lavoratrici strette in part time obbligatori, licenziamenti mascherati da trasferimenti a chilometri di distanza da casa, salari da fame e contratti per nulla tutelanti”.

E prosegue: “Per non parlare, poi, dello smart working che ha creato una fusione tra lavoro subordinato e lavoro riproduttivo e di cura. Alla comunità lgbtqai+ che nell’ultimo anno ha subito ancora più pesantemente la violenza delle istituzioni che hanno affossato una legge già di per sé insufficiente. Alla composizione studentesca per liberare l’istruzione dagli stereotipi che riescono a penetrare sin nei luoghi della formazione e per rivendicare un’educazione che riconosca la ricchezza delle nostre differenze. Alle soggettività migranti, oggetto di doppia discriminazione, soffrono particolarmente i rapporti di forza ricattatori. A chi si batte per l’ambiente perché siamo ben consapevoli che la transizione ecologica sta diventando mero pretesto per licenziare ancora di più”.