Il giudice per le indagini preliminare di Palermo, Annalisa Tesoriere, è andata oltre la richiesta della Procura: Pasquale Di Salvo, 58 anni di Bagheria, ex uomo della scorta di Giovanni Falcone, è stato condannato a 8 anni di reclusione per l’omicidio di Vincenzo Antonio Di Girgenti, commesso ad Alessandria della Rocca il 13 settembre 1994. La Procura invece ne aveva chiesti 5, considerando l’attenuante per aver intrapreso la strada della collaborazione con la giustizia. Ora si dovranno attendere i 90 giorni per le motivazioni.
Riconosciuto risarcimento a familiare
E’ stato anche riconosciuto un risarcimento del danno ai familiari della vittima che si sono costituiti in giudizio: 10 mila euro quale provvisionale, ovviamente il resto della somma dovrà essere quantificata in sede civile con altra causa, dunque. E’ stato proprio Di Salvo a svelare i retroscena dell’omicidio di Di Girgenti. Stando a quanto ha riferito ai magistrati questo fatto di sangue fu compiuto per vendicare la morte di un capo clan avversario, Ignazio Panepinto.
L’incredibile parabola
Da uomo della scorta di Giovanni Falcone a pentito di mafia. La parabola di Pasquale Di Salvo segue una traiettoria imprevedibile. Nel 2016 la notizia è diventata ufficiale e cioè che Di Salvo collabora con i magistrati della Procura di Palermo. Era finito in manette nel blitz del dicembre del 2015 che decapitò i clan di Porta Nuova e Bagheria. Negli anni passati era stato allontanato dalla polizia.
I suoi trascorsi giudiziari
A Bagheria, Di Salvo, che tutti conoscevano come l’ex autista di Falcone, avrebbe svolto il ruolo di soldato della famiglia diretta da Giampiero Pitarresi. Le cimici registrarono i suoi interessi nel settore dello smaltimento dei rifiuti, ma anche la sua paura per l’imminente arresto. Aveva infatti ricevuto la “soffiata” che lo stavano braccando e nel dicembre 2015 progettava di fuggire in Albania. Tutto inutile, i carabinieri del nucleo investigativo lo arrestarono prima che lasciasse la Sicilia. Il suo allontanamento dalla polizia avvenne quando fu trovato in compagnia di un rapinatore in Svizzera. Poi la sua “nuova vita” dall’altra parte della barricata e, in particolare, a stretto contatto con la famiglia mafiosa di Bagheria.
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