• Continua il dibattito sul dopo Orlando e sul post Musumeci
  • Alla Regione il Pd pensa ad una donna per la candidatura
  • A Palermo c’è prima da affrontare un anno di purgatorio
  • Dappertutto agita l’idea di un campo largo con i moderati

Un partito, il PD, oggi  incapace di discutere al suo interno. “Eppure, se c’è una cosa che non ci manca sono gli organismi. Ci possiamo pregiare di una ipertrofia di luoghi deputati alla discussione. Ora il segretario provinciale Filoramo ha persino lanciato una consultazione della base degli iscritti, una buona cosa. Almeno sapremo se ci hanno capito qualche cosa”.

Lo definisce così il suo partito Milena Gentile, consigliere comunale a Palermo e Responsabile del Dipartimento Politiche di Genere del partito in Sicilia.

Con lei percorriamo la terza tappa del nostro viaggio in un partito variegato che deve ripartire dalla discussione interna per affrontare il dopo Orlando, soprattutto oggi che la spaccatura nella maggioranza che sostiene il sindaco è ormai consumata e allo scoperto.

Il dibattito

Dopo le interviste a Rubino e Licciardi, parla dunque una donna, sulla dinamiche legate alla giunta Orlando e alla scelta degli assessori che sono andati a  sostituire i dimissionari Costumati e Piampiano di Italia Viva

“Va fatta una necessaria distinzione tra quello che è stato il PD con Orlando negli ultimi nove anni e quello che auspicavo potesse diventare acquistando un peso nuovo, in seguito alla fuoriuscita del numeroso gruppo di Italia Viva dalla maggioranza e dal governo della città. Entrare in giunta avrebbe potuto essere l’occasione per assumerci una responsabilità aperta rispetto alle scelte strategiche dell’Amministrazione Orlando, riguardo alle quali il PD ha sempre avuto un peso specifico pressoché nullo”.

Peso specifico praticamente nullo dice?

“Questo, comunque, ha avuto i suoi vantaggi perché abbiamo potuto assumere posizioni a volte critiche e votare o meno gli atti sulla base dei nostri liberi convincimenti. Ma va detto che, se avessi potuto personalmente incidere, ad esempio sui cimiteri, mi sarei orientata già dieci anni fa verso un cimitero metropolitano, non certo a Ciaculli. Nella mia idea, sarebbe stato bello cogliere l’opportunità di questo scorcio di mandato per imprimere un carattere targato PD a questa giunta. Uno slancio, quel cambio di passo che invochiamo da tempo. Ma per fare questo sarebbe stato necessario un rimpasto motivato da un disegno politico, non certo limitarsi a occupare caselle rimaste libere. Scegliere un ambito in cui riuscire a esprimere una visione, la nostra visione, quella su cui lavorano da tempo i tanti attivisti e le professionalità che si spendono nei laboratori e nei circoli del PD. Tuttavia, ne avrebbero pagato il prezzo anche i due assessori, Mattina e Petralia, tra i migliori della giunta, anche loro iscritti al PD.

Ma in Consiglio comunale c’è una situazione di netta minoranza

“L’attuale circostanza numerica in Consiglio impone una costante mediazione con tutte le forze politiche per approvare atti fondamentali per la città, tutt’altro che terreno fertile per imprimere un segno all’azione politica. Un altro fattore deterrente di non minore rilievo è la prassi, purtroppo consolidata da sempre nel PD, dei veti incrociati tra le correnti (sensibilità o aree di pensiero che dir si voglia), che preferiscono dare vantaggi agli esterni piuttosto che a un/una qualche esponente di un’area diversa dalla propria. Tutto questo mi ha radicata nella convinzione che è meglio lasciare che Orlando continui alla sua maniera.

Non ho mai fatto mistero della mia ammirazione per Leoluca Orlando che ritengo essere un raro caso di uomo politico capace di mantenersi coerente con sé stesso pur nei suoi equilibrismi, riuscendo a non apparire mai disposto a vendere l’anima. E questa è arte. Quello che con lui è “convergenza” con altri è “inciucio”.

Ma adesso bisogna costruire l’alleanza di domani

“Quando si dice “dobbiamo aprire a quei moderati che non vogliono stare con Salvini e Meloni, iniziando da Italia Viva e da Forza Italia” siamo certi di essere capiti? Le persone comuni, che già stentano a comprendere le sottili differenze tra le forze politiche in campo, riuscirebbero a cogliere il senso di una eventuale operazione politica rivolta esclusivamente a “unire le forze moderate per combattere il sovranismo”? È condizione bastevole essere contro il sovranismo per tenere insieme una coalizione? Temo che il rischio che corriamo è di continuare a sfocare quella blanda identità di sinistra che ancora il PD mantiene e di perdere quel patrimonio di energie collettive che ogni giorno investono tempo e forze in questo partito. Diritti civili e umani, immigrazione, sostenibilità ambientale e sociale, inclusione e lotta alle disuguaglianze, contrasto al neoliberismo che immola i diritti sull’altare del profitto: sono questi alcuni dei cardini di quel pensiero politico che ho abbracciato quando sono stata eletta all’Assemblea Costituente del PD. Un progetto entusiasmante, nel quale credo ancora ma che, purtroppo, non avendo mai definito nettamente le proprie posizioni, ha subito alterazioni nelle scelte politiche e nella percezione comune, condizionate dalle diverse posizioni dei segretari che nel tempo si sono succeduti”.

Dunque ci sono moderati e moderati? Moderati ‘buoni’ per l’alleanza mentre altri no?

“Parlare di perimetro delle alleanze con apertura a tutti i moderati, senza distinzione di sorta e senza alcun paletto, rischia di essere un boomerang se non si è centrati su assi valoriali forti, si rischia di essere attraversati dalle identità e dalle ambizioni altrui. Aprire le braccia a chi fa i capricci con parti del proprio partito o con gli alleati storici solo per avere maggiore potere contrattuale non significa creare un “campo largo”, ma fare gli utili idioti. Ammesso che Forza Italia, o parti di questa, ne abbia una convenienza nell’abbandonare il resto della coalizione con cui governa ovunque. Significa fare i conti senza l’oste. Bene che vada, ci trasformiamo in un “partito autobus” dove chiunque entra, prende quello che gli serve ed esce lasciando macerie. O, in alternativa, un “partito stampella” che si presta inerme a giochi altrui. Va ammesso che spesso il PD è stato questo. Basti guardare, solo per fare un esempio, alle leggi regionali sull’urbanistica e i beni culturali, ufficialmente partorite da parti del PD (poi divenute Italia Viva) e disconosciute in larghissima parte dallo stesso PD che ha persino organizzato contro quella stessa legge una raccolta di firme coinvolgendo associazioni e alte professionalità civiche di tutta Italia. Poi, per fortuna, è arrivata l’impugnativa del Ministro Franceschini, anche lui del PD”.

Allora campo largo sì o campo largo no?

“Un campo largo si costruisce su intese consolidate, su obiettivi comuni espressi chiaramente. E se questo non è possibile, va accettato che si può fare anche opposizione, come ha detto il nostro Segretario Enrico Letta. Vincere a tutti i costi non premia, se questo comporta lo smarrimento dei propri valori. E poi, si sa, in politica i numeri non sono solo frutto di somme algebriche, la coerenza e la chiarezza costituiscono un quid moltiplicatore dei consensi”.

“Il progetto Palermo e Sicilia 2022 merita una discussione aperta e leale, dentro gli organismi e chiamando a raccolta i potenziali alleati, senza pregiudizi va bene, ma con un’idea chiara di Città e di Regione”.

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