fermate l'emorragia di grandi aziende

Petrolchimico, Poste, Fiat, call center |Ventimila posti di lavoro a rischio

La vertenza Gela è simbolo del disimpegno nei confronti della Sicilia. Bisogna fermare l’emorragia e il disimpegno delle grandi aziende in Sicilia.

“La mobilitazione a Gela per ottenere risposte dall’Eni proseguirà, alzando anche il livello dello scontro. E continuerà anche per il resto del settore petrolchimico in Sicilia, nel cui ambito vertenze come quella della Versalis a Priolo restano aperte”. E’ la decisione scaturita da un vertice che la Cgil Sicilia ha tenuto a Gela con la partecipazione di tutte le strutture territoriali e di categoria interessate.

“E’ chiaro- dicono Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia, e Monica Genovese, della segreteria regionale Cgil- che si tratta di vertenze che non riguardano una sola città e un solo sito industriale, ma l’intera Sicilia e il suo futuro produttivo. Per questo come Cgil abbiamo deciso di percorrere la strada del coordinamento tra strutture e categorie – spiegano- per tenere alto il livello della pressione e della lotta per ottenere risposte. Non si può consentire – aggiungono Pagliaro e Genovese- che pezzi importanti dell’industria abbandonino la Sicilia nell’assenza della politica e delle conseguenti politiche di sviluppo. Rivendichiamo risposte ai problemi della petrolchimica in Sicilia, a partire dall’attuazione dell’accordo su Gela”.

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Non basta lo sblocco della cassa integrazione promesso ieri sera dal vertice a Palermo visto che non servirà a garantire la riconversione ma solo a prendere tempo e che comunque non è immediatamente operativo ma solo un ‘pannicello caldo’ posto su una ferita aperta.

Se perfino il sindacato, che ha tenuto calmi gli animi, alza il livello dello scontro è il segnale che la preoccupazione cresce. Non solo Eni viaggia verso il disimpegno e anche sul fronte politico qualcosa si muove. Il disimpegno, infatti, riguarda altre grandi aziende para pubbliche.

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“La decisione di Poste Italiane di tagliare il collegamento aereo diretto con Palermo rischia di avere ripercussioni sui servizi ai clienti in termini di ritardi nel recapito postale, e pesanti conseguenze sui livelli occupazionali nel capoluogo in relazione alla riorganizzazione dei servizi. Siamo di fronte all’ennesimo passo indietro da parte di una grande azienda nazionale: il presidente Crocetta e il governo regionale intervengano aprendo un tavolo di confronto con il governo nazionale per capire il reale impegno nei conforti del Mezzogiorno e in particolare della Sicilia, e per mettere a punto le iniziative necessarie ad arginare il ‘disimpegno’ dei colossi nazionali rispetto alla nostra isola”. Lo dice Mariella Maggio, presidente della commissione Territorio e Ambiente all’Ars.

“E’ inaccettabile – aggiunge Maggio – che dopo l’abbandono di Fiat, i tagli di Trenitalia e la vertenza Eni, anche Poste Italiane decida di ridimensionare la propria presenza nell’isola. C’è un ‘Piano per il Sud’ che fino ad ora sembra essere rimasto solo sulla carta: il governo regionale faccia sentire la propria voce a Roma per mantenere adeguati servizi e attività produttive nell’isola, e per difendere i livelli occupazionali”.

Duemilacinquento i posti di lavoro a rischio, invece, nel settore dei call center nell’immediato ma molti di più in prospettiva. Un settore che in Sicilia dà lavoro a oltre 20 mila persone, 10 mila nella sola Palermo, e che rappresenta l’unica grande “industria” diffusa dell’Isola. I call center sono una delle poche realtà occupazionali siciliane ad essere sopravvissuta alla crisi, ma che rischia di sparire sotto i colpi di delocalizzazioni selvagge, riduzione dei diritti, tagli al salario, concorrenza sleale, leggi non rispettate ed esuberi. E a farne le spese sono i lavoratori, costretti a convivere con la paura di perdere il posto ad ogni cambio di commessa.

In difesa dei call center scende Sel che ieri ha incontrato i lavoratori i lavoratori e le Rsu di Almaviva Contact, il più grande call center d’Italia, che tra Palermo e Catania dà lavoro a circa 6 mila persone, ma che ha dichiarato per il 2016 oltre 3 mila esuberi a livello nazionale. Di questi la gran parte si concentrano nelle sedi di Roma, con 500 esuberi, e Palermo, con 2.500 a rischio licenziamento.

“A Palermo siamo in 4 mila – spiega Loredana Ilardi, lavoratrice Almaviva e componente della segreteria provinciale di Sinistra ecologia e libertà Palermo – ma oltre la metà di noi potrebbe perdere il lavoro nei prossimi mesi. Dal 31 maggio in poi non avremo più nemmeno i contratti di solidarietà. La situazione è buia e dal governo nazionale non è mai arrivato nessun segnale, senza parlare del governo Crocetta, che dopo tre anni dall’inizio della vertenza ha deciso di convocarci solo in questi ultimi giorni”.

A pesare sulle spalle di chi lavora nei call center c’è la delocalizzazione selvaggia delle aziende che decidono di trasferire il lavoro nei paesi dell’Est Europa, dove il costo del lavoro è un terzo di quello italiano. Questo permette loro di vincere gare a massimo ribasso, messe a bando sia dalle grosse aziende private che da enti pubblici. Un meccanismo che non fa che generare esuberi, tagli ai salari e continua riduzione dei diritti dei lavoratori.

“Il settore dei call center non può continuare a vivere senza regole certe e con lavoratori sottoposti ad un perenne ricatto – commenta il deputato di Sinistra Italiana Erasmo Palazzotto – in questi anni abbiamo assistito a fenomeni di delocalizzazione delle attività nel disinteresse dei governi nazionale e regionale. Mentre per I lavoratori l’alternativa era sempre la stessa: accettare la perdita del posto di lavoro o vedersi ridotti i diritti e le garanzie. Davanti a questo sfacelo la recente approvazione della clausola sociale nel nuovo regolamento per gli appalti, che per la prima volta riconosce il diritto del lavoratore e non solo il profitto dell’azienda, è un primo passo. Ma è ancora troppo poco per mettere ordine nel settore”.

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