Un ricorso al Tar dura 10 anni per una ricercatrice dell’Università di Palermo che, intanto ha superato il concorso per diventare professore associato. Ora riceverà un risarcimento per la durata del ricorso.

Il concorso e il ricorso al Tar

Nell’ormai lontano 2010, l’Università degli Studi di Palermo aveva indetto una procedura selettiva per la copertura di un posto di ricercatore universitario presso la Facoltà di Architettura ad esito della quale veniva proclamata vincitrice l’architetto E.G. L’esito della procedura, tuttavia, è stato contestato da altri due partecipanti con ricorso proposto dinanzi al Tar per presunte illegittimità poste in essere dalla Commissione giudicatrice nell’espletamento della procedura.

La decisione dei giudici

La ricercatrice si è quindi costituita nel giudizio con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, sostenendo la correttezza dell’operato della Commissione esaminatrice, espressione in ogni caso di una discrezionalità tecnica insindacabile dall’Organo Giudicante e insistendo, pertanto, il rigetto del ricorso. Il Tar di Palermo dopo aver respinto la richiesta cautelare, ha dichiarato improcedibili i ricorsi proposti dieci anni fa per sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione del ricorso da parte degli originari ricorrenti.

Il ricorso alla legge Pinto

A questo punto l’architetto ha deciso di agire nuovamente in giudizio tramite i legali Girolamo Rubino e Carmelinda Gattuso, al fine di ottenere l’indennizzo riconosciuto ai sensi della Legge n. 89/2001, la “Legge Pinto”, per l’eccessiva e irragionevole durata del giudizio che la stessa aveva subito e definito dopo dieci anni. La Corte di Appello di Palermo, accogliendo le tesi sollevate in giudizio ha accolto la domanda di equa riparazione e riconosciuto all’arch. E.G. l’indennizzo riconosciuto dallo Stato a ciascun cittadino per l’eccessiva durata del giudizio. Nelle more del giudizio, l’architetto ha superato anche il concorso di professore associato.

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