Il tempio dell’Urbanistica e dell’Edilizia Pubblica di Palermo ridotto ad un colabrodo nel quale l’utenza fa fatica perfino a trovare un bagno funzionante. Questo è lo stato ben poco confortante in cui versa il Polo Tecnico. La struttura di via Ausonia, già sofferente per le ben note carenze di personale a cui è soggetta l’intera macchina amministrativa del capoluogo siciliano, cade letteralmente a pezzi.

Le condizioni del Polo Tecnico

Incuria al Polo Tecnico, Palermo

Bagni rotti. Lavandini guasti o inutilizzabili. Controsoffitti privi dei propri panelli, con tubature (probabilmente destinate a cavi della linea telefonica o elettrica) che penzonalano dal tetto. Un vero e proprio paradosso nel luogo nel quale si dovrebbero progettare le opere del presente e, allo stesso tempo, programmare quelle per il futuro, a cominciare dai progetti che riguardano i fondi del PNRR. Transizione ecologica, innovazione e risparmio energetico: tutti temi che i tecnici si trovano ad affrontare in una cattedrale vecchia, vetusta e priva perfino dei servizi essenziali. Cosa che rende ancora più ardua la scalita di chi, ogni giorno, si trova a lavorare in queste condizioni. Parole che, di fatto, rischiano di tramutarsi in meri proclami riecheggianti all’interno di un palazzo che sembra chiedere egli stesso un po’ di manutenzione.

Un calvario che parte da lontano

Disagi, quelli vissuti dall’utenza del Polo Tecnico, che non hanno certamente un origine recente, ma trovano una casistica ben documentata in passato. Solo per citare alcuni episodi “recenti”, nel mese di giugno si verificò un crollo dal controsoffitto del primo piano, causato da una grossa perdita di acqua dalle condotte che attraversavano il solaio. “Melior abundare quantum deficere”, recita un vecchio detto latino ma, per traslare la questione in un linguaggio più nostrano, il “troppo” guasta bevanda.

Ne tanto, ne quanto. A volte però, al Polo Tecnico è capitato l’esatto opposto, ovvero la totale assenza d’acqua corrente per l’utenza e per i tecnici degli uffici. Fatto accaduto ad esempio il 6 maggio che, come documentato da una nota del sindacato Csa-Cisal, ha costretto il Capo Area responsabile a chiudere i locali, mandando tutti i dipendenti in smart working. Un fatto che fa riflettere. Se perfino quella che viene considerata la patria dell’architettura palermitana cade a pezzi, come farà la cittadinanza a pensare ad un futuro migliore e più all’avanguardia per i propri figli? Ai posteri l’ardua sentenza.

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