Stava progettando una truffa all’Unione Europea boss Michele Micalizzi, coinvolto nell’inchiesta dei carabinieri che oggi ha portato a 11 arresti. Emerge dalle intercettazioni delle conversazioni tra il capomafia e un altro uomo d’onore storico, Tommaso Inzerillo.

Le intercettazioni

“Io conosco una persona a posto – diceva – ed è buona, e ha buone possibilità, diciamo a livello Europeo, per potere approfittare di questi finanziamenti pure per una quota consistente a fondo perduto, però per quanto riguarda, al momento ci sono i bandi e si dovrebbe presentare entro dicembre  al massimo nei primi di gennaio, per quanto riguarda l’agricoltura”. Dalla conversazione viene fuori che Micalizzi si appoggiava a un professionista che gli dava consigli sui bandi europei.

“Nel meridione e in particolar modo la Sicilia arriviamo all’ottanta, – spiegava – certe volte al novanta per cento, quindi se facciamo una pratica da dieci milioni, otto nove milioni sono a fondo perduto, dice: e poi te li rendiconto io, questo ha l’ufficio a Bruxelles, a Malta”. “Comunque è una persona che è una miniera, sotto certi aspetti, ha grosse possibilità alla banca all’UniCredit”, continuava. E Inzerillo conveniva: “esatto”.

L’operazione

Gli investigatori si sono serviti di tecnologie sofisticate di intercettazione riuscendo, così, a superare le continue cautele messe in atto dagli indagati per sfuggire alle indagini. Ricostruite anche le strutture delle famiglie di Pallavicino-Zen, Partanna Mondello e Tommaso Natale. Gli inquirenti inoltre hanno scoperto i canali attraverso i quali il clan comunicava con le altre cosche, accertato decine di estorsioni, svelato la presenza costante delle «famiglie» nella vita del mandamento. I boss dirimevano liti tra i cittadini e tutelavano gli interessi dei commercianti che pagavano il pizzo in cambio della protezione. Solo due giorni fa la procura di Palermo aveva chiesto e ottenuto dal gip 18 misure cautelari per esponenti del can di Resuttana, mandamento confinante con quello colpito dal blitz di oggi. L’inchiesta, ribattezzata Metus, fa luce sull’organigramma, le dinamiche e gli affari del mandamento mafioso di Tommaso Natale a cui appartengono le «famiglie» di Partanna Mondello, Tommaso Natale e Zen-Pallavicino.

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