E’ stato commemorato a Palermo Giorgio Boris Giuliano, il capo della Squadra mobile di Palermo, ucciso dalla mafia al Bar Lux di via Francesco Paolo Di Blasi, il 21 luglio del 1979. Alle 9,30 c’è stata una deposizione delle corone di alloro a cui ha preso parte il capo della polizia il prefetto Franco Gabrielli, i vertici delle forze dell’ordine, oltre ai familiari tra cui il figlio Alessandro Giuliano, oggi questore a Napoli, la moglie Ines Leotta, e le figlie Selima ed Emanuela Giuliano. Al termine della cerimonia, sarà celebrata una Santa Messa di suffragio, officiata dal cappellano militare padre Massimiliano Purpura, presso la Chiesa della Madonna di Monte Oliveto, in via Incoronazione 2.
“È un ricordo doveroso, per un grande poliziotto. Tenendo conto che questa terra ha avuto talmente tanti martiri, che a volta si fa fatica a ricordarli tutti. Questo era un mio impegno personale che avevo preso con la signora Giuliano. Grande poliziotto che fu ucciso sparandogli alle spalle perché chi lo voleva uccidere aveva anche timore di una reazione all’agguato.
Non è solo il ricordo di un poliziotto ucciso, ma anche di un poliziotto che aveva capito perfettamente quale doveva essere la strada per attaccare l’organizzazione criminale e noi ovviamente ricordiamo sempre i grandi processi e le grandi sentenze. Ma a me piace ricordare anche chi ha lavorato in un contesto di grande tensione perché nel 1979 non so quanti palermitani, e non solo, parlassero di mafia e di criminalità organizzata. Questi sono stati veri e propri precursori che hanno pagato con la vita, è doveroso ricordarli e riferire a noi, venuti dopo, questi esempi di sacrificio, dedizione e acume investigativo. Ricordare Boris Giuliano non è solo ricordare un collega che è stato ucciso ma è anche un collega che aveva capito prima e meglio di altri chi aveva di fronte e quali erano gli strumenti per sconfiggerli” ha detto il prefetto Franco Gabrielli capo della polizia a margine della commemorazione.
“Poi c’è anche il tema dell’ordine pubblico. Sono convinto che queste situazioni provocheranno nel tessuto sociale delle lacerazioni perché molte persone avranno difficoltà a riprendere l’attività. Quando il lavoro viene meno aumenta la disperazione e lo stato di sofferenza delle nostre popolazioni” sostiene sempre il capo della Polizia.
“Oggi abbiamo bisogno di mantenere unità la collettività nazionale – ha aggiunto Gabrielli – In questo momento di ovvia sofferenza. Tutto quello che è successo lascerà delle conseguenze. Ni per vocazione siamo un po’ il pronto soccorso della società e quando si verificano situazioni di malessere e sofferenza che possono tradursi in manifestazioni di piazza in questo momento dobbiamo dimostrare la professionalità che ci è propria, la capacità di entrare in empatia con la sofferenza e il bisogno della gente. In questo momento, non mi stanco di dirlo a chi ha la responsabilità dell’ordine pubblico, ai prefetti e ai questori, di essere particolarmente attenti a interpretare il disagio della gente. Abbiamo bisogno non di esercizi muscolari. Le nostre forze dell’ordine si facciano ancora una volta interpreti del presidio di legalità”.
“Noi abbiamo due grandi questioni a cui prestiamo particolare attenzione. Una è la possibilità che la crisi economica, per le quali le attività imprenditoriali sia piccole che grandi, possano costituire delle praterie per la organizzazioni criminali che disponendo di grandi somme di denaro possono intervenire laddove magari il credito legale e lecito mostra la tempestività necessaria”. L
“Quindi abbiamo costituito un osservatorio a livello nazionale, presso la direzione centrale della polizia criminale, che – ha aggiunto Gabrielli – ha come oggetto di monitorare indirizzare e fornire al decisore politico tutte quelle che sono le indicazioni che possono essere utili per le misure che devono essere intraprese per contrastare questa possibilità”.
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