Il 23,5% dei minori, in Sicilia, abbandona gli studi anzitempo. Il 72% non legge libri. I bimbi di famiglie povere hanno difficoltà di apprendimento anche cinque volte maggiori dei coetanei benestanti. Ben l’81% degli alunni, in Sicilia, non fruisce di mensa a scuola. Molto più del dato nazionale. In Italia è più o meno la metà della popolazione scolastica. Nell’Isola, quasi il 92% dei ragazzi che frequentano un istituto primario non sa cosa sia il tempo pieno (il 66% in Italia). E il dato è la seconda percentuale più alta nel paese dopo il Molise. Ma in fatto di tempo pieno, il quadro è anche più cupo nella scuola secondaria dove il full time è una specie di chimera: manca in quasi nove classi su dieci. Anche se qui la realtà regionale e quella nazionale, praticamente se la giocano: 85,3% in Sicilia, 85,7% in Italia.
A far luce sulla povertà educativa nell’Isola in confronto con la situazione nazionale, la Cisl Sicilia che, con l’occasione dell’anniversario della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, ha dedicato al tema una giornata di lavori: “Traiettorie di futuro. Alleanze sociali e processi di contrasto alla povertà educativa”. Rosanna Laplaca, della segreteria regionale, ha aperto il confronto che si è svolto oggi a Palermo. Mimmo Milazzo, segretario generale regionale, ha tirato le fila della discussione.
“Nel meridione – si legge nel documento predisposto dal sindacato rielaborando dati targati Save the Children e altre istituzioni di settore – si trovano le regioni che occupano i primi cinque posti nella triste classifica della povertà educativa in Italia”. Sono Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Molise. Qui, vivono “bambini e ragazzi maggiormente privati delle opportunità necessarie per apprendere, sperimentare e coltivare le proprie capacità nonché della possibilità di sviluppare percorsi di resilienza necessari per superare ostacoli e condizioni di svantaggio iniziali”. A fare da contraltare al sud perennemente in ritardo, e in ritardo anche su questo delicato fronte: Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna. Sono queste aree a segnalarsi per le “maggiori opportunità educative”.
“In Sicilia – ha detto Laplaca – il 23,5% dei minori di quindici anni, percentuale più alta in Italia, abbandona gli studi prima del tempo”. E se a livello nazionale l’87% dei piccoli non va al nido, nella regione il dato letteralmente precipita. Perché l’Isola “occupa il terzo posto dopo Calabria e Campania nella classifica della mancata copertura dei nidi, con il 95% dei bambini che non sa cosa sia frequentarlo”. Invece “la scuola, a cominciare dall’infanzia, dovrebbe essere il cuore di un processo che, legando lavoro e welfare, garantisca l’uguaglianza delle opportunità alla persona e alle famiglie”.
Riguardo alla partecipazione dei minori alle attività sociali, culturali e ricreative, sottolinea la Cisl che “secondo l’indice di povertà educativa, Ipe, ben il 72% dei ragazzi siciliani non legge libri. In Italia sono il 52,8%. Nell’Isola, seconda solo alla Campania, a non fare sport è quasi il 64% dei minori, dato che si ferma al 43% sul totale Italia. Ancora, a non navigare in internet è addirittura il 40,7% dei ragazzi dell’Isola. Sono un terzo (il 29%) in tutto il paese”. E se quasi sette ragazzi italiani su dieci non frequenta teatri né visita siti archeologici, in Sicilia i numeri diventano il 73% riguardo ai teatri e, nonostante la ricchezza delle testimonianze del passato, l’80% (seconda dopo la Calabria), a proposito dei siti.
Ancora, sottolinea la Cisl che “i minori che vivono in famiglie col più basso livello socio-economico e culturale, più numerose nel sud, hanno quasi cinque volte in più la probabilità di non raggiungere le competenze minime sia in matematica che nella lettura, rispetto ai coetanei di famiglie agiate: 24% contro il 5%”. Insomma, “la strada ancora è lunga – con le parole di Milazzo – perché la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo non resti un vuoto proclama. E perché i minori non siamo meri soggetti passivi ma persone concretamente titolari di diritti”. È per questo che al governo regionale proponiamo un gruppo di lavoro Regione-Anci-sindacati che metta a punto un piano straordinario sui diritti negati all’infanzia, nel territorio. E sollecitiamo interventi a sostegno dell’edilizia scolastica e il via al ddl sul diritto allo studio”. In pratica, “facciamo nostro l’appello di Cgil Cisl Uil affinché – ha puntualizzato Milazzo – anche in Sicilia riparta una politica di reali investimenti per l’infanzia” che, come recita la Convenzione Onu, abbia al centro “i bisogni, i desideri, gli interessi dei minori”.
Massimo Merlino di Save The Children, illustrando l’Atlante dell’infanzia a rischio che quest’anno l’organizzazione internazionale ha dedicato alle “periferie urbane intese anche come periferie educative”, ha spiegato che “in Sicilia il 42% dei minori vive in condizioni di povertà relativa. E che solo il 14 dei ragazzi siciliani delle fasce sociali in difficoltà, ce la può fare. Anche sul piano dell’apprendimento. Perché esiste una correlazione tra povertà economica e povertà educativa”.
Giulio Tantillo, vicepresidente Anci Sicilia, ha riconosciuto che “nei Comuni siciliani, la situazione in tema di strutture per bimbi da zero a sei anni, è drammatica. In pratica, “nel 70% dei Comuni siamo a zero. E tolte Palermo, Catania, Caltanissetta, Agrigento e Messina, non c’è più nulla”. Per il vicepresidente, “c’è bisogno di una cabina di regia Anci-Regione che dia ai Comuni indicazioni e informazioni sull’uso dei fondi”.
Gianni Silvia, dirigente generale dell’assessorato regionale all’Istruzione, ha sottolineato che “esiste un problema di edilizia scolastica”. In tre anni siamo riusciti a organizzare l’anagrafe degli edifici ma, in tema di strutture, “paghiamo decenni di mancata manutenzione. Così il patrimonio edilizio è in condizioni penose”. Poi, c’è il problema degli uffici tecnici e della progettazione esecutiva degli enti locali, che denunciano la mancanza di personale qualificato. “Il Governo qualche giorno fa ha deciso di dar vita a una centrale di progettazione regionale da offrire agli enti locali ma, perché sia operativa, occorrerà del tempo”.
Ivana Barbacci, della segreteria nazionale della Cisl Scuola, si è soffermata sul “progetto Zero-sei”. “Negli ultimi dieci anni – ha detto – leggi di stabilità, riforme, pseudoriforme, hanno indebolito il sistema scolastico e la scuola dell’infanzia è il segmento che più ne ha risentito”. Così, va rilanciato il confronto su base nazionale e partecipata, per “disegnare un sistema integrato per i bimbi da zero a sei anni”.
Liliana Leone, direttore del Cevas, ha spiegato che in tema di povertà, la Sicilia, con il suo 42%, svetta nella classifica delle 189 regioni europee. E ha sottolineato che “una bimba nata nell’Isola o in Campania nel 2016 ha una speranza di vita di due-tre anni in meno dei coetanei del nord. A cominciare da città come Bologna, Milano, Trento”. Come uscire dalla trappola della povertà? Con progetti anche di educazione alimentare. Perché “un’alimentazione sbagliata – ha sottolineato – non aiuta a uscire dalla condizione di esclusione sociale”.
Silvia Stefanovichj, della Cisl confederale, ha ricordato che “il 42,8% delle donne dichiara di avere problemi a conciliare attività lavorativa e impegni familiari”. E che la percentuale di donne occupate, al secondo figlio, è del 52,3%. Dato che scende al 39% al terzo figlio. “Alti tassi di occupazione femminile richiedono, assieme alla crescita della natalità, un’ampia diffusione di servizi alla prima infanzia”.
Valentina Campanella, presidente regionale Anolf, ha invocato “l’alleanza tra terzo settore, scuola e famiglie”. Perché “in questi anni è cresciuto il numero delle associazioni impegnate nel welfare, ma scuola e associazioni viaggiano spesso su binari paralleli, senza incontrarsi”. E questo è un problema in più per i minori stranieri che, “rispetto ai coetanei autoctoni, soffrono il doppio”.
Francesca Bellia, segretaria Cisl Scuola Sicilia, ha sollecitato “una nuova governante di sistema costruita su una progettualità condivisa e con una mission organizzata in rete, nel territorio”. Ha inoltre ricordato che su 4200 edifici scolastici in Sicilia, solo il 39% (1680) è utilizzato per attività didattiche. “Il resto sono strutture inattive o non impegnate per la scuola”.
Patrizia Fasulo (Ufficio scolastico regionale), si è soffermata sul concetto di “comunità educante”. E ha ricordate che, nelle scuole dell’infanzia dell’Isola, è in aumento la frequenza di bimbi stranieri. “L’anno scorso abbiamo registrato il decremento di quattromila bambini italiani da zero a tre anni, contemporaneamente l’aumento di 1783 bambini stranieri”.
Angela Errore, dell’ufficio del Garante per i diritti dell’infanzia del Comune di Palermo, ha descritto la mission dell’ufficio, di stimolo alla promozione, nella comunità locale, dei diritti dei minori. E ha reso che “il nostro ufficio è arrivato alla stesura di un piano per l’infanzia inteso come indicazione all’amministrazione locale”. Ora il problema che si pone è quello delle fonti di finanziamento.
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