Il vento di Genova attraversa lo stivale e qualche spiffero arriva anche in Sicilia dove da mesi è in moto la macchina che porterà alle elezioni regionali dell’autunno prossimo.
La rappresentazione plastica del centrodestra ‘modello classico’ ha trovato il consenso dell’elettorato che ha incoronato Marco Bucci neo sindaco del capoluogo ligure, ma non è detto che la stessa operazione orchestrata da Toti possa essere messa in atto facilmente anche in Sicilia da chi è incaricato delle medesime responsabilità.
Per intenderci, l’assist di Gianfranco Miccichè ad Angelino Alfano (onestamente dopo avergliene dette di ogni…) ha sortito un doppio effetto: l’apertura interessata del coordinatore regionale di Ap, Giuseppe Castiglione, che ha ritenuto “molto interessanti le prospettive espresse” dal suo omologo di Forza Italia, e la chiusura a riccio di Angelo Attaguile di Noi con Salvini.
Il segretario del movimento che fa capo al leader della Lega, infatti, sulla questione è stato lapidario: “Aprire il centrodestra ad Alfano significherebbe mandare a quel paese le istanze di rinnovamento e cambiamento che provengono dai siciliani e che noi riteniamo un punto indispensabile del programma di rilancio della Sicilia”.
Dalle parti di #DiventeràBellissima fanno spallucce ritenendo l’argomento ‘irrilevante’ e vanno avanti forti anche dell’endorsement del senatore di Fi, Vincenzo Gibiino, che a più riprese ha benedetto la candidatura a presidente della Regione di Nello Musumeci, gradita – pare – anche ad altri parlamentari forzisti.
Gaetano Armao (Siciliazione) invoca la coesione di tutte le anime del cdx, mentre Fratelli d’Italia dopo l’uscita di Miccichè su Alfano ha scelto di far gestire il caso Sicilia direttamente a Giorgia Meloni che ovviamente ascolterà i propri militanti nell’Isola, ma pronuncerà l’ultima parola su strategie e soprattutto alleanze.
Insomma, nel centrodestra siciliano si predica unità, ma resta complesso mettere assieme i pezzi del puzzle perché l’esito del voto regionale può innescare un abbrivio anche per le Politiche sulle quali pende (ed è motivo di frizioni fra le varie coalizioni) il tema delicatissimo della legge elettorale rimasta inevasa.
Proprio sul sistema di voto gli scontri intestini al centrodestra sono stati feroci e solo il ritorno alla vittoria in occasione delle ultime Amministrative ha mitigato un clima rovente peggio di quello che stiamo respirando da qualche giorno aprendo la porta di casa.
Si pensi, ad esempio, alle posizioni diametralmente opposte tenute da Matteo Salvini, strenuo sostenitore del maggioritario, e Silvio Berlusconi a cui piace il proporzionale.
L’ex Cav, che nel 1994 fu il primo a sfruttare i benefici del maggioritario, ha virato verso il proporzionale dopo la pax con Angela Merkel che ha portato all’elezione di Antonio Tajani alla presidenza del Parlamento europeo. E’ noto, infatti, che Silvio stia lavorando, più o meno sottobanco, al progetto Ppe anche in Italia; ciò che invece ha fatto alla luce del sole Gianfranco Miccichè tendendo la mano ad Angelino Alfano.
Su questi ragionamenti, però, soffia il vento di Genova e quello di altre città in cui si è votato dove gli elettori hanno fatto intendere che il centrodestra che riconoscono è quello ‘classico’. Di qui i tormenti siciliani di Berlusconi & Co. i quali riconoscono che una mossa sbagliata in Sicilia potrebbe interrompere la remuntada cominciata domenica scorsa nel Continente.
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