Palermo

Renzi, il Sud e la scissione dal Pd, retroscena della nomina di un ministro non gradito e divisivo

Qualcuno lo indica persino come il nome – e le idee che porta con sé – che avrebbe fatto saltare i nervi a Matteo Renzi. Come se Matteo Renzi avesse bisogno di questa scusa per scindersi dal Pd. Ma su queste dicerie, ha già risposto con una nota al Foglio qualche giorno fa.

Certo è che Peppe Provenzano, ministro per il Sud e la coesione territoriale del governo Conte bis, nel suo curriculum può iscrivere un intervento nella direzione nazionale dei democratici che all’ex segretario Renzi ha fatto storcere il naso.

Per chi non lo ricordasse: era il 26 gennaio del 2018, interno notte al Nazareno. Renzi comunica la lista dei candidati alle elezioni del 4 marzo successivo (quelle perse rovinosamente dai Dem). E’ in questa occasione che Provenzano rinuncia alla candidatura con un discorso che non lascia repliche: contesta il metodo di selezione e oppone il gran rifiuto anche perché inserito in lista dopo Daniela Cardinale, figlia dell’ex ministro Salvatore.

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Per la cronaca, dal 19 giugno scorso, l’onorevole Daniela ha lasciato il gruppo Pd per iscriversi nel misto. E adesso resterà da capire se troverà casa in Italia Viva restituendo al suo dante causa, il favore di un nome in più nel gruppo.
Ecco chi è Provenzano. No, non è solo questo il ministro per il Mezzogiorno. Perché, ancora per chi non lo ricordasse, in Sicilia è stato capo della segreteria dell’assessore regionale al Bilancio, Luca Bianchi nella prima giunta di Rosario Crocetta. Cosa accomunava Bianchi e Provenzano? La “militanza” in Svimez, l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno, dove dal 2016 Provenzano è vicedirettore.

L’ultimo suo libro è stato pubblicato il 14 febbraio scorso ed è un atto d’amore nei confronti di quella sinistra, di cui ha insegnato a respirare l’aria, il gusto e la passione dal suo maestro di sempre, Emanuele Macaluso. “La sinistra e la scintilla” edito da Donzelli, porta in sé – romanticamente forse – la previsione profetica di quanto poteva accadere.

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Nella quarta di copertina si legge: “Le ragioni della sinistra, l’uguaglianza nella libertà, sono più attuali che mai. Affermarle non è scontato, ma nemmeno impossibile. Avanza una destra nuova, che somiglia ai fantasmi di quella che credevamo sepolta sotto le macerie del secolo scorso. Dovremmo rassegnarci alla sconfitta? Il destino non è segnato, la storia non è finita. C’è sempre un’alternativa. E sotto la cenere di questa società, c’è qualcosa che arde ancora. Il compito di una nuova generazione è riaccendere la fiamma. Io credo che in un’idea di socialismo vi sia una scintilla viva. La scintilla non è scattata ancora. Scatterà”.

C’è fiducia che scatti. C’è fiducia che il neo ministro per il Sud sappia cogliere l’occasione e vale il fatto che una delle prime sue uscite pubbliche, proprio a Palermo, abbia riscosso consensi quando ha parlato di “povertà educativa” come emergenza di tutto il Sud. Un’emergenza che è poi la base di quella diseguaglianza delle opportunità che incaglia l’ascensore sociale. Lo sapete che in Italia, l’Ocse, ha stimato siano necessarie 5 generazioni per passare da un reddito basso a un reddito medio? Centocinquanta anni. E che solo il 6% di persone con genitori che hanno un titolo di studio di scuola secondaria inferiore riesce a prendere la laurea? Che il 66% resta invece nel livello di istruzione dei genitori, quando questo è basso. Ecco basterebbero questi numeri – nazionali – per comprendere che la situazione è gravissima al Sud. E che la scintilla di un riscatto è irrinviabile.

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