“Occorre preliminarmente respingere al mittente le accuse di ignoranza e supponenza e, ad esse, occorre aggiungere nel rinvio anche la malafede”.

E’ piccata la risposta dell’assessore Mariella Lo Bello a Sicilia Nazione che nei giorni scorsi ha accusato tanto lei quanto il presidente della regione di arroganza politica nell’ambitod elle vicende legate alla restituzione delle accise alla Sicilia (leggi qui)

Non ci sta l’assessore che replica con una lunga nota tecnica inviata a BlogSicilia e che riceviamo e pubblichiamo integralmente: “Basta leggere l’Accordo e precisamente l’ultimo “Visto” della prima pagina e il primo “Considerato” della seconda per constatare che la norma di cui sopra è ovviamente inserita nell’Accordo ed era ed è ben nota ai sottoscrittori dell’Accordo.

I detrattori (che evidentemente non hanno letto attentamente l’Accordo) arrivano a negare l’evidenza contenuta nell’Accordo, infatti questa specifica disposizione di legge non attribuisce gettito da accise (che rimane un tributo statale) ma ne statuisce la retrocessione al verificarsi di determinate condizioni (che per inciso non ci sono state).

La verità è che la Regione siciliana (con il Governo Crocetta) con specifico riguardo all’aumento della compartecipazione del costo della sanità ha ottenuto ciò che i governi precedenti (Cuffaro e Lombardo) avevano inutilmente rincorso (la famosa retrocessione delle accise).

Questo Governo (fra le tante questioni composte con l’Accordo) ha ottenuto anche la monetizzazione “in via strutturale e definitiva” (sul maggior gettito IRPEF) del maggiore costo per il proprio bilancio causato dall’aumento della compartecipazione della Regione alla spesa sanitaria previsto nella norma citata.

Quindi si conosceva e conosce la norma citata i cui effetti sono riportati nell’Accordo. Si continua a non conoscere quali disposizioni legge attribuiscono alla Regione siciliana fantasiosi miliardi di accise evocate da un illustre professore in sede di audizione.

Di seguito si proverà a spiegare la malafede di chi ha contribuito alla composizione della notizia secondo la quale si continua a sbandierare il diritto a incassare miliardi da una norma (quella citata) che la Corte Costituzionale (n. 145 del 2008) ha dichiarato legittima nell’interpretazione statale secondo la quale alcuna retrocessione di accise spetta alla Regione siciliana fino alla compartecipazione al 49,11 per cento.

La Legge 296 /2006 (Finanziaria per il 2007) aveva previsto che al fine di addivenire al completo trasferimento della spesa sanitaria a carico del bilancio della Regione siciliana la misura del concorso di quest’ultima al finanziamento di tale spesa venisse progressivamente incrementa nel triennio 2007-2009, passando :
1) dal 42,5 per cento al 44,85 per cento per l’anno 2007;
2) dal 44,85 per cento al 47,05 per cento per l’anno 2008;
3) dal 47,05 per cento al 49,11 per cento per l’anno 2009.

Nel confermare l’innalzamento dell’impegno finanziario a carico della Regione siciliana i successivi commi stabilivano che:
1) l’applicazione delle disposizioni che lo prevedevano restassero sospese fino al 30 aprile 2007, data entro la quale avrebbe dovuto, come indicato dalla stessa norma, essere raggiunta l’intesa preliminare all’emanazione delle nuove norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia sanitaria;
2) in caso di mancata intesa entro tale data, per la Regione siciliana scattava, per il 2007, la misura compartecipativa del 44,09 per cento.

L’articolato in questione veniva completato dalla previsione che, nelle norme di attuazione da emanare dovesse essere riconosciuta alla Regione siciliana:
1) la “retrocessione di una percentuale non inferiore al 20 e non superiore al 50 per cento del gettito delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo nel territorio regionale”;
2) la retrocessione avrebbe dovuto far aumentare simmetricamente, fino a concorrenza, la misura percentuale del concorso della Regione alla spesa sanitaria, demandandosi la determinazione dell’importo annuo della quota da retrocedere alla Regione ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, previo parere della Commissione paritetica prevista dall’articolo 43 dello Statuto della Regione.

Il risultato dell’applicazione di queste norme a tutt’oggi è il seguente:
1) secondo la previsione normativa del comma 831 è aumentata per la Regione la misura della sua compartecipazione alla spesa sanitaria fino al massimo previsto (49,11 per cento)
2) nessun Governo precedente (di cui hanno pur fatto parte insigni giuristi) è riuscito a a ottenere il trasferimento di risorse in suo favore in termini di retrocessione di accise.

Quello che nel comunicato non si dice è che i precedenti Governi non sono riusciti ad ottenere nulla dallo Stato per recuperare l’aumento della compartecipazione alla spesa sanitaria.

Anzi una cosa invero l’hanno ottenuta: una sentenza sfavorevole (colpevolmente sfavorevole perché non sono riusciti a dimostrare il pregiudizio al bilancio della Regione siciliana).

Infatti la Corte Costituzionale sull’argomento è intervenuta con sentenza n.145 del 2008 dove nel PQM dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 830, 831 e 832 primo e secondo periodo, della legge 296 del 2006.

Quindi i famosi 5 miliardi di euro in 10 anni sono frutto della fantasia (se non malafede) di chi invoca entrate in ragione di una norma sulla cui spettanza la Corte Costituzionale si è espressa sulla non debenza.

Il Governo Crocetta con lo Stato è andato oltre: pur in presenza di una sentenza sfavorevole alla Regione siciliana sulla compartecipazione sanitaria (da cui sarebbero dovute scaturire fantasiose maggiori risorse tramite retrocessione delle accise) all’interno della natura risarcitoria dell’Accordo sono state previste maggiori risorse IRPEF per corrispondere all’aumento della compartecipazione alla spesa sanitaria al 49,11 per cento”.